Fine: 28 marzo 2014
Una casa
perfetta. Un libro perfetto per annoiarsi a morte. Ok, ammetto di essere
cresciuta con Stephen King, quindi la mia idea di horror è decisamente stata
plasmata sui suoi libri. Non che io pretenda di trovare la sua stessa capacità lessicale
e descrittiva ovunque, ma questo libro prometteva abbastanza bene. Niente di
più sbagliato. Una bella musata contro il muro. Quindi, Sig Ben Winters, tanti
saluti.
Alex e Susan Wendt sono marito e
moglie, una coppia normalissima, con una bambina, Emma. Stanno cercando la casa
perfetta dove trasferirsi e la cosa è tutt'altro che un’impresa semplice. Alex
lavora come fotografo in una piccola società che ritrae preziosi e gemme,
mentre Susan ha lasciato il proprio lavoro di avvocato per dedicarsi alla sua
passione di sempre: la pittura. Le entrate sono buone ma non così tanto da
permettersi case di estremo lusso. Tuttavia, eccola la casa perfetta, in una
palazzina al 56 di Cranberry Street. La padrona di casa, la vedova Andrea
Scharfstein, vive al piano di sotto ed affitta il piano superiore, 120 mq di
appartamento. Niente da dire, un affare vero e proprio. Susan e Alex se ne
innamorano all'istante. Susan rimane colpita da quella che Andrea chiama “la
stanza bonus”, un piccolo stanzino con finestra che può essere utilizzato in
svariati modi e che la ragazza decide subito di adibire a studio di pittura. Ma
mano a mano che i giorni passano, Susan comincia a rendersi conto di alcune
imperfezioni: qualche tassello di legno non a filo, un ticchettio insolito, prese
che non funzionano benissimo. Niente che il gentile tuttofare di Andrea, il signor
Louis, non possa aggiustare. D'altronde gli ultimi inquilini, Jessica e Jack se
ne n’erano andati di fretta e furia, lasciando la casa non proprio pulita ed in
ordine. A partire da quella stanza bonus nella quale, al loro arrivo, c’era un
opprimente odore di chiuso e di urina di gatto (considerato che il gatto, c’era
davvero, morto stecchito). Ma dopo una bella ripassata di Louis eccola lì,
profumata e pulita pronta per i quadri di Susan. Trascinati da un’euforia
contagiosa, la vita degli Wendt scorre normalmente in quella nuova casa, con le
stesse vecchie abitudini ma molto spazio in più.
Un giorno, però, le cose strane cominciano
a diventare inquietanti. Sul cavalletto della stanza bonus compare un quadro
che non è più quello dipinto da Susan, o meglio, lo è, ma una mano misteriosa
(forse la sua?) ha aggiunto dei particolari sconcertanti. Particolari che vanno
aumentando, fin quando Susan non decide di chiudere quella stanza per non porvi
più piede. Fosse tutto lì, invece no. Compaiono misteriose tracce di sangue
sulle federe e Susan si copre pian piano di piaghe. La casa è infestata dalla
cimici dei letti. O almeno così pare. Alex, che ha problemi con il lavoro, non
è il solito marito premuroso e la situazione famigliare comincia a
raffreddarsi; Sue sempre più nervosa ed instabile si fa dare il nome di una
disinfestatrice, la signora Kauffman, chiamata in tutta fretta per risolvere il
problema. Dopo avere passato al setaccio l’intero appartamento però, la
disinfestatrice assicura ai coniugi che non v’è traccia alcuna delle cimici, né
delle loro uova. La casa è perfettamente pulita. Alex, sollevato al pensiero di
avere scongiurato l’ennesimo trasloco (che non possono permettersi) cerca di
riprendere la vita di tutti i giorni, ma Susan, sulla quale compaiono cicatrici
nuove ogni giorni, nuove bolle e vede cimici scorrazzare ovunque comincia
lentamente ad uscire di senno. Non si sente compresa dal marito (che d'altronde non vede ciò che solo lei sembra in grado di vedere), ha paura per la sua Emma,
comincia a diventare paranoica, gelosa di Marnie (la giovane babysitter che da
sempre si occupa della piccola), la sua insonnia peggiora e la porta ad abusare
del sonnifero che da tempo utilizza per cercare di dormire. La situazione
precipita così tanto che Alex decide di portarla da un medico, affinché la
visiti. Il responso è chiaro: Susan ha abusato dei farmaci e ha forti
allucinazioni. Tutto qui? Allucinazioni? Semplice paranoia? E tutti quegli
schifosi insetti che la attaccano? Che piovono da qualsiasi crepa nell'intonaco e si riversano a frotte dai quattro angoli della casa? Quella specie, la Cimice
del Diavolo, che si nutre di sangue e anima, perché nessuno la vede? Perché attacca
solo lei?
Mi fermo qui, anche se mi verrebbe
voglia di raccontarvi le ultime pagine per scoraggiarvi dal leggere questo
libro. Ovviamente non lo farò, non verrò meno ai miei doveri di redattrice,
limitando i vostri diritti di lettori. Ora, io onestamente non so nemmeno se
definirlo deludente… cioè, si, sicuramente mi ha deluso, ma, insomma, il
paragone con S. King lo reggono in pochi, quindi, direi che non è giusto
vederla solo ed esclusivamente in quest’ottica. Il grosso problema è che la
storia in sé non regge, non ha senso, è banalissima e oltretutto frettolosa
alla fine. Non sopporto quando gli autori costruiscono pagine e pagine di
trame/idee e poi smontano tutto in dieci pagine, quelle finali. Eh no
caspiterina, non si gioca così coi lettori. Quindi a parer mio, Ben Winters, non
ci siamo.
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