Volevo segnalarvi che su IBS sono disponibili i 5 ebook della saga "Rex Deus. L'armata del Diavolo" del bravissimo Marcello Simoni a soli 0,49 cent l'uno! Sono assolutamente imperdibili! e poi sapete bene che Simoni è una garanzia!!!!
mercoledì 27 marzo 2013
domenica 24 marzo 2013
La rotta dei Libri #2 Desaparecidos
Vi propongo una seconda rotta in questa giornata che in Argentina è ricordata come il primo giorno della dittatura di Videla. Ho scelto delle letture che abbiano come tema i desaparecidos argentini, un argomento al quale tengo molto e sul quale ho fatto la mia tesi di Laurea. Partendo da documenti ufficiali come le lettere delle prigioniere, passando attraverso un testo bellissimo come il romanzo della De Robertis per approdare a Tre Cavalli di De Luca.
Il primo libro è disponibile su IBS a 9,90 (di solito costa 22€) ed è un racconto corale di 112 prigioniere della dittatura argentina. Memoria del Buio raccoglie ricordi crudi e sofferti. Sono i resoconti ufficiali della ferocia inaudita di una dittatura folle che ha torturato e ucciso migliaia di persone.
Il secondo invece è un romanzo di Carolina De Robertis, che tratta un tema correlato a quello dei desaparecidos, ovvero la sottrazione di bambini (figli dei prigionieri) e la loro ripartizione tra i militari, i quali li adottavano illegalmente. Molti ragazzi argentini sono cresciuti con coloro che hanno ucciso i loro veri genitori. La ragazza dai capelli di Fiamma, 13,94€, racconta la storia di Perla Correa che deve affrontare la dura realtà della sua vera identità, con tutto ciò che ne comporta.
Il terzo, Tre Cavalli, 5,52 €, di Erri De Luca, racconta la dittatura attraverso un viaggio attraverso il Sud America; come solo De Luca sa fare, immagino che la trasformerà in una fiaba delicata.
Spero che a qualcuno di voi interessi questo viaggio spinoso attraverso una guerra sconosciuta ai più, ma che ognuno di noi dovrebbe conoscere.
La rotta dei Libri #1 America Nera
Inauguriamo, su questo blog, un'iniziativa che porto avanti già da qualche mese con alcune amiche. Mi sono però accorta che un mia vicina blogger aveva sviluppato un'idea molto simile, o almeno così mi sembrava. E mi sono fermata. Dopo averne parlato con la dolcissima Cami abbiamo dedotto che le nostre iniziative, all'apparenza simili, sono in realtà abbastanza diverse. Vi segnalo la sua, che si chiama Tre Gradi.
Adesso vi introduco la mia iniziativa...
La rotta dei libri.
La stragrande maggioranza dei libri può essere inserita in un contesto più ampio che unisca in modo immaginario un punto A ed un punto B, che li renda parte di un percorso di lettura specifico. Si può riconoscere un filo rosso che lega autori e romanzi nello spazio e nel tempo. Un filo diverso a seconda di quello che vogliamo seguire. L'idea è quella di mettere in relazione due o tre romanzi, leggerli uno dopo l'altro, esaminando elementi comuni e differenze. Ovviamente ogni percorso ha un suo senso letterario, socio-culturale, etc.. che viene citato all'inizio del post.
La prima rotta che vi propongo nasce da un interesse personale, nato per caso studiando la storia degli schiavi in America Latina. Intraprendo questo percorso, che parla della radice nera americana, nel Nord, negli sconfinati Stati Uniti. Si parte dalle navi cariche di schiavi di colore in arrivo dall'Africa, si passa attraverso la guerra civile americana e l'apartheid dei neri d'America. Si sofferma sulla figura incredibile di Martin Luther King e decide di virare nella cosiddetta slave literature.
America Nera: la cultura afroamericana (Fabi M. Giulia)I have a Dream.
L'autobiografia del profeta dell'uguaglianza (King Martin Luther)
Penso che questo percorso possa aprire spunti interessanti sia da un punto di vista culturale che storico e permetta di approfondire una piaga sociale, come quella razzista, ancora purtroppo esistente nella nostra società.
Fatemi sapere cosa ne pensate!!!
venerdì 22 marzo 2013
Nicolas Eymerich, inquisitore
Inizio: 16 marzo 2013
Fine: 22 marzo 2013
Voi
non mi vedete ma, a me, stanno brillano gli occhi! Io un libro così, lo avevo
giusto immaginato, mai avrei osato sperare esistesse… è evidente che se sei una
fan scatenata di Star Trek (e di quel genere di mondo) e lo sei altrettanto del
medioevo, hai poche speranze di vedere riunite le tue preferenze. Anche perché
la domanda scatterebbe in automatico: oh Signore, che roba è?
Invece
esiste, è bellissimo, e attacca così:
Presente.
Giorni nostri. Texas. Marcus Frullifer pedina, per l’ennesima volta, il dottor
Tripler (astrofisico) all’uscita dell’università. Stavolta è deciso a non
mollare fino a quando non gli avrà esposto la sua rivoluzionaria teoria
sull’esistenza ed il funzionamento degli psitroni. Secondo Frullifer il
cervello crea una sorta di campo che interferisce con le altre particelle,
modificandone la natura. Gli psitroni (particelle simili a neutrini), viaggiano
a velocità superiore a quella della luce e vengono proiettati da un cervello
all’altro attraverso fasci di energia. Danno luogo ad una distorsione
spazio-temporale e possiedono un corredo di informazioni, ma quando giungono al
prossimo cervello. È come se il tempo non esistesse. La comunicazione è
immediata. Frullifer porta tre dimostrazioni a supporto della sua tesi ma viene
inesorabilmente buttato fuori, senza troppi complimenti.
Futuro.
14 novembre 2194. Commissione interspaziale di Cartagena. Un ragazzo inglese di
29 anni sta facendo un resoconto davanti alla commissione, riguardo un viaggio:
quello dell’astronave psitronica Malpertius. Il giovane vi si è imbarcato per
lavorare (anche se non gli era ben chiaro quale fosse il suo compito) assieme
ad altri viaggiatori interstellari. A bordo della nave vi sono tre Guide
psitroniche di riserva e l’inquietante Medium Sweetlady, l’abate Capo-Guida.
L’astronave batte bandiera della Repubblica Libertaria di Catalogna, ma è
evidente che ciò sia solo una copertura. Sembra una gigantesca raffineria,
piena di pinnacoli che vengono chiamati “rocchetti di Frullifer”. Alla fine il
ragazzo prende il suo posto assieme ad altri 1023.
Passato.
1352. Saragozza. Nicolas Eymerich è un domenicano di 32 anni ed è un
inquisitore. Per quanto le antiche disposizioni di Clemente V fissino un’età
minima di 40, l’inquisitore generale, padre Agustin de Torrelles, in punto di
morte, lo nomina suo successore. Eymerich è il più preparato e non vi sono
inquisitori che abbiano l’età richiesta (sono tutti o quasi morti di peste,
come sta morendo lo stesso Agustin), Clemente VI capirà. Prima di morire rivela
ancora un’altra cosa: ha scoperto qualcosa di raccapricciante e spaventoso
nella cisterna (il pozzo dell’Aljaferia era stato utilizzato quattro anni prima,
durante la peste nera, come cimitero … vi venivano buttati i cadaveri; poi ne
erano state ripescate le spoglie e fumigati i corridoi). La morte si porta via
le sue ultime parole. Il giorno dopo però, Nicolas, viene informato dal capitano
delle guardie, mandato da lui a controllare i corridoi adiacenti alla cisterna,
che qualcosa di inenarrabile esiste davvero.
Da
qui in poi le tre storie si intrecciano, diventando un’unica storia che passa
attraverso secoli e mondi diversi. Mentre Marcus Frullifer lotta perché le sue
teorie vengano accettate (e pubblicate), l’anonimo di Liverpool continua il suo
racconto di quei giorni a bordo della Malpertius, sempre più inquietanti e
dominati dalla rivoltante figura dell’abate Sweetlady. Eymerich dal canto suo
si trova a risolvere il mistero di corpicini deformi che compaiono
misteriosamente sull’orlo della cisterna di Aljaferia. Su di lui (che alla fine
è protagonista anche nel titolo) Evangelisti si sofferma un po’ di più.
Ottenute le autorizzazioni per rendere ufficiale la sua nomina, si concentra
sul mistero dei neonati deformi che appaiono e magicamente scompaiono,
dissolvendosi nel nulla. Strane apparizioni e una strana congregazione di donne,
rendono il mistero ancora più fitto. E già il lettore mette in relazione le
spiegazioni di Marcus alla dottoressa Cynthia Goldstein con quanto vedono gli
occhi di Eymerich. Sa già cosa sono. Sa perfettamente che quelle apparizioni,
quei corpi che si dissolvono non sono realmente lì, sono solo proiezioni psitroniche.
Sa anche che Marcus ha ragione; quella sua scoperta avrà un seguito, ne è la
prova il racconto dell’anonimo di Liverpool, che a bordo di un’astronave
psitronica c’è stato. E che in un futuro lontano da Marcus ed impensabile per Nicolas,
sta denunciando quanto accaduto. L’incubo esiste già.
Questo
libro mi è piaciuto molto; ho apprezzato particolarmente la capacità di
incrociare situazioni così lontane nel tempo e nello spazio senza creare
confusione al lettore. Non provo particolare simpatia per il personaggio di
Nicolas, ma credo che Evangelisti lo abbia costruito in modo così ostile per un
qualche motivo che ora mi sfugge. Alla fine è pur sempre un Inquisitore e non è
che questa figura possa suscitare molte simpatie. È fermo nelle proprie idee, anche
se non sembra avere questa grande fede in Dio, combatte eresie che non vede
nemmeno come tali, è spinto (come quasi tutti i religiosi di allora) dal potere
e dalle ricchezze. Combatte gli infedeli con insistenza, etichettandoli come un
male. Conosco bene la Spagna islamica di quei tempi, conosco lo splendore e l’erudizione
portata dai musulmani, la loro alta tolleranza, lo scambio culturale costante
tra cristiani, berberi, arabi ed ebrei. Pochi sanno che la Spagna, sotto la dominazione
musulmana ebbe straordinarie innovazioni e godette di innumerevoli miglioramenti.
Ognuno veniva tollerato ed era a suo modo integrato. Ma poi, la riconquista
cristiana iniziata da Ferdinando II d’Aragona (portata avanti anche con l’aiuto
dio Isabella di Castiglia) ha distrutto tutto quel mondo fiorente e rigoglioso,
in estrema pace nonostante le differenze. Con la caduta dell’ultimo regno
musulmano, quello di Granada, nel 1492, si chiude uno dei più bei capitoli
culturali e sociali della storia spagnola.
Ah,
un’ultima cosa. Solo una considerazione. Come quello di Tolkien, anche questo è
un fantasy moooolto politico. Trapelano ovunque le idee di Valerio Evangelisti.
In modo meno velato rispetto a quello di Tolkien che ha vissuto in un altro momento
storico, un po’ meno democratico.
Ps:la
scena in cui viene ucciso il rex nemorensis, mi ha ricordato l’ultima scena del
film “The chronicles of Riddick”… quello che uccidi diventa tuo.
mercoledì 20 marzo 2013
City
Inizio: 11 marzo 2013
Fine: 19 marzo 2013
°_° E
no Alessandro. Sono veramente arrabbiata. Che cosa diavolo hai scritto?? Che
cosa mi rappresenta questo libro??? Scusami Baricco, a me di solito piaci, ma
sto giro hai proprio toppato. Fermo restando che non mi è stata chiara per
tutto il tempo la trama di questo libro, né il filo rosso che lega i
personaggi, vorrei anche capire primo, che personaggi hai scelto e secondo, ma
che razza di storielle solo?????
Ricapitoliamo.
In una città non meglio definita si sta facendo una votazione telefonica per
tenere in vita o meno un personaggio dei fumetti, quando, una delle operatrici
telefoniche, Shatzy Shell, riceve una strana telefonata da un ragazzino di nome
Gould (un genio assoluto già laureato a soli tredici anni). Viene licenziata
mezz’ora dopo per non essersi limitata a rispondere, annotare, ringraziare e
chiudere la comunicazione. Shatzy incontra Gould e i suoi due amici strampalati
Poomerang (un ragazzone rapato a zero e sempre vestito di nero) e Diesel (un
ragazzone alto e grosso). La ragazza accetta di buon grado di diventare la
nuova governante di Gould, che vive solo, lontano dal padre (ufficiale
dell’esercito, che lo chiama ogni giorno alle 19:15) e dalla madre (ricoverata in
una clinica psichiatrica da quasi sei anni) a due passi dal suo college.
College che frequenta con passione e profitto, seguito da ventisette professori
diversi. E potremmo fermarci qui. Punto. Nel senso che non si va oltre. Non c’è
assolutamente nient’altro da dire a riguardo! Peccato che questa storiella
assurda venga farcita di altrettante storielle assurde, che incasinano la trama
in modo esponenziale di pagina in pagina. Volete qualche esempio? Shatzy dalla
più tenera età sta scrivendo un
western ed ogni tanto passa da un dialogo (che in questo caso è un eufemismo)
con Gould alle appassionanti vicende delle sorelle Dolphin, di Pat Cobhan, di
Bird, etc; il rito del barbiere si trasforma in un omicidio volontario e
lesioni ad incapace; ogni due per tre seguiamo per radio (ogni volta che Gould
va in bagno) le vicende si Larry Gorman, pugile infallibile e del suo maestro
Mondini; gli amici di Gould, Poomerang e Diesel parlano per tutto il libro nondicendo … (no ma vi rendete conto??);
lacrime, vaneggiamenti e attacchi di nausea del professore di fisica
quantistica di Gould, il Signor Mondrian Kilroy, pervadono i capitoli; allo stesso
modo le parole secche come un rotolo di paglia nel deserto dell’allenatore
Taltomar; e in ultimo non dimentichiamoci la roulotte gialla, in attesa di una macchina
che la porti in giro. E potrei continuare a iosa, a gogò, perdendomi nella
notte dei tempi. Ora, io mi chiedo perché. Perché Baricco ha scritto sta roba?
Poi
arrivi alle ultime 100 pagine e Baricco, così, tra una divagazione e l’altra, cuce
insieme le storie che fino ad ora non avevano un senso e taaac, tutto torna. Torna
facendoti pensare che alla fine un senso ce l’ha e ha anche un non so che di magico.
A metà tra un romanzo molto triste e pieno di scontri con la vita e una storia
alla Beautiful Mind. Tutto si collega e tu capisci, quasi senza ombra di dubbio,
tutto quello che non hai capito prima. E
pensi anche che è decisamente un bel finale. Forse ti spingi anche alla conclusione
totalmente inattesa: “è un bel libro”. Ma anche no, non ci cado Baricco stavolta.
Io e te differiamo perché per me non basta il finale ad effetto e la spiegazione
geniale a fine libro per definirlo “bello”; no Alessandro, proprio non riesco a
togliermi di dosso le prime 220 pagine di caos assoluto e la fatica di stare
dietro alle tue parole.
venerdì 15 marzo 2013
L'abbazia di Northanger
Inzio: 14 marzo 2013
Fine: 15 marzo 2013
Riprendo
in mano questo libro dopo undici anni. Nel lontano 2002 dovetti leggerlo per
l’esame di letteratura inglese. Il bello e il sublime, questo era il filo rosso
del corso. All’epoca mi era piaciuto molto ed avevo messo 4 stelline, ma in
realtà non so bene quanta attenzione ci avessi realmente messo nel leggerlo
perché era l’ennesimo libro di questo tipo che la nostra insegnante ci aveva
dato da preparare per l’esame.
Catherine
è una ragazza normalissima, nell'accezione negativa (se esiste) del termine.
Potremmo dire che non spicca per nessuna delle sue doti, sta lì nel mezzo come
molte altre, anzi forse, potremmo dire che sta un po’ sotto la media. Eppure
Jane ci informa da subito che diventerà un’eroina, perciò non meravigliamoci se
così non ci appare nei primi capitoli. Dalla sua abitazione, non lontana da
Salisbury, la sedicenne Catherine Morland viene invitata da una sua conoscente,
Mrs Allen, a trascorrere sei settimane nella rinomata località vacanziera di
Bath, nel sud dell’Inghilterra. Si prospettano per lei interessanti serate ai
balli e giornate destinate allo shopping ed alle terme. Ma non sembra così
bello quando Catherine si rende conto di non avere altra compagnia che quella
di Mrs Allen. Tuttavia l’incontro fortuito con una vecchia amica di Mrs Allen,
Mrs Thorpe, le permette di conoscere Isabella, la figlia maggiore e di
instaurare un buon rapporto di amicizia. Le due cominciano a condividere
l’amore per le serate e gli abiti, i pettegolezzi sugli uomini e i libri, come
The Mysteries of Udolpho (di Ann Radcliffe) considerati veri horror dell’epoca. Catherine
scopre inoltre che il fratello di Isabella, John, è un caro amico di suo
fratello James; un’amicizia chiusa a doppia mandata. Nonostante John si
presenti come un ragazzo appetibile, Catherine ha già un altro interesse: Henry
Tilney, un giovane conosciuto una delle prime sere. Ma lei, inesperta
dell’amore e dei comportamenti che ne conseguono, rifiuta un ballo con lui
pentendosene amaramente subito dopo. Nemmeno la conoscenza della sorella di lui
sembra riportarle il sorriso, sentendosi sempre più isolata dagli altri. Inoltre,
la bella Catherine è costantemente infastidita dal giovane Thorpe che sembra
divertirsi a mandare a monte i suoi piani ed a farle una corte serrata, non
esitando a mentirle per raggiungere i suoi scopi. In realtà John mente
praticamente sempre, esagerando con un’arroganza sfrontata qualsiasi cosa lo
riguardi, parlando con ostentata pomposità delle sue miracolose imprese davanti
ad una Catherine sempre più indispettita ed annoiata. Cercando di prendere le
distanze dai Thorpe (ed anche da Isabella) la giovinetta cerca di fare amicizia
con la giovane Tilney, un po’ per affetto un po’ per via del fratello, del
quale si è invaghita. Nonostante le continue intromissioni di John, i visi
imbronciati di Isabella e la delusione del fratello James, Catherine si stringe
sempre più alla famiglia dei Tilney e l’unico a sembrare dalla sua parte è Mr
Allen. A scombussolare definitivamente la vita della giovinetta ecco arrivare
la notizia del fidanzamento ufficiale di Isabella e James e la richiesta da parte
del generale Tilney di trascorrere con loro qualche settimana nella loro casa a
Glouchestershire, vista la loro imminente partenza. Catherine, già
emozionatissima, non riesce più a contenersi quando scopre che la dimora dei
Tilney non è nientepopodimeno che un’abbazia, quella di Northanger e comincia a
fondere e confondere le avventure di Emily in Udolpho, con le sue. Talmente convinta
di vivere un’avventura all’insegna dello spavento, Catherine non esita ad inventarsi
di sana pianta misteri e loghi occulti (che non esistono) e a convincersi di
svelare chissà quali segreti. È molto divertente la descrizione che fa la Austen
di certi passaggi, ironizzando a gogò sull’ingenuità della ragazza che crede di
essere come Emily. Sebbene vi sia uno sfondo prevalentemente gotico, Northanger
Abbey è pur sempre un romanzo amoroso e quindi gradualmente la scena cambia, per tornare agli intrighi amorosi
tra i Tilney, i Morland e i Thorpe.
A
distanza di anni posso dire che riconfermo il mio giudizio, sicuramente con maggiore
consapevolezza della bellezza di questo romanzo. È una lettura leggera, per
quanto Jane Austen sia un’esperta nel creare ansie in chi la legge (monta e smonta
le vicende in modo disarmante e viene il batticuore ogni volta che qualcosa va
storto; si resta in un’attesa sofferente che le cose si risolvano in favore dei
nostri eroi). Sicuramente non ne resterete delusi! Ma forse, proprio per il contenuto
pieno di riferimenti ad Udolpho, dovreste prima accostarvi al bellissimo libro di
Ann Radcliffe! Ci sarebbero altri commenti da fare, ma sono squisitamente letterari
e riguardano la difesa del romanzo (che trapela nettamente dalle parole dell’autrice)
come genere letterario dignitoso e intrigante; pertanto non mi dilungherò su questo
aspetto. Se a qualcuno interessasse lo approfondirò!
mercoledì 13 marzo 2013
Sono il numero Quattro (Lorien Legacy #1)
...recensione un po' in ritardo...
Inizio: 14 settembre 2012
Fine: 19 settembre 2012
Bello. Molto di già visto, ma comunque bello. Quando ho letto la trama
pensavo fosse leggermente diverso, invece mi sono trovata davanti al classico
quindicenne che ha poteri soprannaturali. Credo che la Saga, perché si anticipa come una
saga, sia molto più bella nel complesso che non quanto appaia dai singoli
libri, in quanto mi pare di avere capito che ogni libro seguirà un diverso
protagonista.
Nove adolescenti Loric sono stati salvati dalla distruzione del loro pianeta, Lorien; i Mogadorian lo hanno invaso e trasformato in una landa deserta dopo averne sfruttato tutte le risorse. I nove prescelti (o scelti a caso) sono stati mandati sul pianeta più vicino, la Terra e sono accompagnati da altrettanti Cepan (custodi ed istruttori). Ma i Mogadorian danno loro la caccia per evitare che essi diventino più forti e sviluppino le loro Eredità (poteri), cosa che permetterebbe loro di sconfiggere i Mogadorian e tornare su Lorien. La loro vita è fatta di false identità, fughe, mistero ed assoluta attenzione ad ogni cosa. Dalla loro parte hanno un incantesimo che li protegge, almeno in parte: ognuno di loro è un numero e potranno essere uccisi sono rispettando l’ordine dei numeri. I primi tre sono già stati uccisi e Daniel lo sa perché sono comparse tre cicatrici sulla sua caviglia, ora lui è il numero Quattro. È il prossimo sulla lista. Lasciatosi alle spalle il Messico, Daniel, che ora è diventato John Smith, parte con Brandon (Hanry) alla volta della piccola cittadina di Paradise. Nuova casa, nuova identità, nuova scuola. Almeno finché non si renderà necessaria la prossima fuga. John non è nuovo a spostamenti e restio a fare amicizia, ma questa volta è proprio impossibile resistere a San Goode e Sarah Hart che riempiono le sue giornate e lo fanno sentire un ragazzo normale. Ha perfino trovato un cane, un beagle, che ha deciso di tenere e di chiamare Bernie Kosar Ma per John tutto si complica quando cominciano ad apparire le eredità, ovvero una serie di poteri particolari che i piccoli Loric hanno ereditato dal loro mondo. Nessuno sa quali e quante eredità svilupperà e da subito, per John, sarà un problema controllarle e nasconderle tanto che alla fine sarà costretto a rivelare le sue vere origini all’amico Sam. Mentre i Mogadorian sono di nuovo sulle sue tracce e si avvicinano pericolosamente, in Sudamerica il numero Sei si è appena ritrovata sola, il suo Cepan è stato ucciso e lei sa che per salvarsi deve salvare prima il numero Quattro. Decide quindi di partire alla ricerca di John, il prossimo sulla lista.
Nove adolescenti Loric sono stati salvati dalla distruzione del loro pianeta, Lorien; i Mogadorian lo hanno invaso e trasformato in una landa deserta dopo averne sfruttato tutte le risorse. I nove prescelti (o scelti a caso) sono stati mandati sul pianeta più vicino, la Terra e sono accompagnati da altrettanti Cepan (custodi ed istruttori). Ma i Mogadorian danno loro la caccia per evitare che essi diventino più forti e sviluppino le loro Eredità (poteri), cosa che permetterebbe loro di sconfiggere i Mogadorian e tornare su Lorien. La loro vita è fatta di false identità, fughe, mistero ed assoluta attenzione ad ogni cosa. Dalla loro parte hanno un incantesimo che li protegge, almeno in parte: ognuno di loro è un numero e potranno essere uccisi sono rispettando l’ordine dei numeri. I primi tre sono già stati uccisi e Daniel lo sa perché sono comparse tre cicatrici sulla sua caviglia, ora lui è il numero Quattro. È il prossimo sulla lista. Lasciatosi alle spalle il Messico, Daniel, che ora è diventato John Smith, parte con Brandon (Hanry) alla volta della piccola cittadina di Paradise. Nuova casa, nuova identità, nuova scuola. Almeno finché non si renderà necessaria la prossima fuga. John non è nuovo a spostamenti e restio a fare amicizia, ma questa volta è proprio impossibile resistere a San Goode e Sarah Hart che riempiono le sue giornate e lo fanno sentire un ragazzo normale. Ha perfino trovato un cane, un beagle, che ha deciso di tenere e di chiamare Bernie Kosar Ma per John tutto si complica quando cominciano ad apparire le eredità, ovvero una serie di poteri particolari che i piccoli Loric hanno ereditato dal loro mondo. Nessuno sa quali e quante eredità svilupperà e da subito, per John, sarà un problema controllarle e nasconderle tanto che alla fine sarà costretto a rivelare le sue vere origini all’amico Sam. Mentre i Mogadorian sono di nuovo sulle sue tracce e si avvicinano pericolosamente, in Sudamerica il numero Sei si è appena ritrovata sola, il suo Cepan è stato ucciso e lei sa che per salvarsi deve salvare prima il numero Quattro. Decide quindi di partire alla ricerca di John, il prossimo sulla lista.
Per adesso, con lo pseudonimo di Pittacus Lore, i due autori di questa saga,
James Frey
e Jobie Hughes
hanno scritto quattro libri, due soltanto dei quali sono già stati editi in
Italia.
Qualora qualcuno fosse interessato a questa saga, qui c’è qualche
informazione in più:
martedì 12 marzo 2013
Le lacrime della giraffa
Fine: 12 marzo 2013
Mi
è piaciuto veramente tanto questo libro di McCall Smith. Era il primo per me,
ma decisamente seguiranno tutti gli altri, compresi quelli che non sono stati
pubblicati in italiano, ma sono in inglese. Si perché le avventure di Precious Ramotswe
e la sua Lady’s Detective Agency n.1 sono molte e io le voglio leggere tutte! La
signora Preciuos vive a Gaborone, la capitale del paese, e conduce una vita indipendente
e di tutto rispetto; è una detective, un’investigatrice privata che gode di buona
fama e di una posizione benestante. Nella sua piccola agenzia lavora anche la segretaria
Makutsi, molto perspicace ed intelligente che l’aiuta nelle indagini. Mentre vive
un periodo felice, dovuto al suo fidanzamento con il buon signor JLB Maketoni (rispettabile
meccanico della capitale) le capita tra le mani un caso spinoso: la scomparsa
di un ragazzo americano, risalente, però, a dieci anni prima. La madre, la signora
Curtin non si è mai arresa alla scomparsa del figlio da una fattoria sperimentale
vicino al deserto del Kalahari e, dopo aver tentato ogni strada in dieci anni, come
ultimo tentativo racconta il suo dramma alla signora Ramotswe chiedendole aiuto.
Nemmeno giustizia, solo aiuto a ritrovare le spoglie del figlio che secondo lei
è indubbiamente morto. Ovviamente Precious accetta, pur essendo un compito difficile;
dovrà trovare tracce nuove, se possibile, dopo dieci anni di tentativi della polizia
andati a vuoto. Dovrà parlare nuovamente coi testimoni, ispezionare i luoghi,
ma dieci anni sono tanti. Eppure non si può negare ad una madre il diritto di sapere
cosa sia successo e di seppellire il proprio figlio…
Non
si può dire che il giallo sia l’elemento dominante di questo racconto, potrebbe
essere tranquillamente una storia romantica con un giallo sullo sfondo… oppure una
storia di vita, del Botswana, con un giallo da risolvere e un matrimonio da suggellare.
Le vicende personali di JBL Maketoni e Precious si intrecciano a quelle delle investigazioni,
così come a quelle di altri personaggi come Florence (la domestica di JBL) o dei
piccoli Motholele e Puso (orfani dell’orfanotrofio della direttrice Potokwane).
Sullo sfondo è costante il richiamo alle bellissime ed interessanti tradizioni di
questo meraviglioso paese africano ed anche la dignità di queste persone. Si intravedono
qua e là considerazioni sui nuovi giovani, così pigri e maleducati (in Europa
non è così diverso), il rapporto con il mondo spirituale, la cordialità e l’ospitalità
della gente, la grande considerazione della quale gode anche il parente più lontano,
la presunzione degli Europei o degli americani (più in generale degli estranei)
di sapere sempre quale sia il meglio per gli africani e la grande vuota capacità
di criticare sempre il loro mondo, le loro azioni e i loro costumi. Come a
volere sempre necessariamente insegnare qualcosa. Insegnare che cosa poi? Precious
proprio non se lo spiega.
Il libro è scorrevole, attualissimo e pieno di spunti
interessanti. Mi ha colpito molto la africanità di questo scrittore, scozzese di
famiglia; non è sempre facile trovare oggettività ed obiettività da parte di chi
ha alle spalle generazioni di coloni. Ho studiato tutta l’Africa subsahariana per
dare un esame che non dimenticherò mai. È stato il più bell’esame che io abbia
mai affrontato. La storia dell’Africa, la storia vera, fatta di sfruttamento e
colonie, di apartheid ed ingiustizie è qualcosa che non si cancella dal proprio
cuore e ti fa sentire responsabile dello sfruttamento indiscriminato di un
continente, si, non un popolo, UN CONTINENTE INTERO! Portato lentamente alla distruzione
pur avendo infinite ricchezze. A partire dalla propria gente, che ha sempre un sorriso
nonostante le difficoltà.
A chiunque potesse interessare c'è un bellissimo libro che parla della storia dell'Africa Subsahariana, dalla colonizzazione all'indipendenza, s'intitola Il Leone e il Cacciatore, di Anna Maria Gentili.
http://www.anobii.com/books/Il_leone_e_il_cacciatore/9788843010295/0104658bad69696963/
Luna
Fine: 12 marzo 2013
Questo è amore. E non è la solita
storiella di due ragazzi che dopo mille peripezie riesco finalmente ad amarsi. No,
questo è amore allo stato puro.
Liam
e Regan sono fratello e sorella o forse sarebbe meglio dire che sono due sorelle.
Perché in realtà Liam si fa chiamare Lia Marie e di notte entra nella camera di
Regan per essere libero di vestirsi, pettinarsi e truccarsi. Liam non è omosessuale
è una ragazza a tutti gli effetti, tranne che per il suo corpo; madre natura ha
sbagliato, ha fatto confusione e lui è nato maschio, con un’anima di donna. Così,
da sempre, è intrappolato in vestiti e atteggiamenti che non sente suoi; tutta
la sua vita è una recita di giorno ed una liberazione di notte, quando, in camera
di Regan, si veste, si trucca e si guarda allo specchio rischiarato dai raggi
della luna. Luna. Proprio così, Liam ha deciso di cambiare nome. Un’altra volta.
Regan conosce il segreto di suo fratello; solo lei è ammessa nel sancta sanctorum
del suo essere. Solo lei lo comprende e lo protegge, solo lei lo incoraggia. Lei
sa perfettamente della condizione di disagio in cui vive il fratello, costantemente
spinto dal padre ad essere quello che lui non è: un sedicente adolescente, pieno
di ragazze, con una sana passione per lo sport e un amore sconfinato per il baseball.
Niente di più lontano da Luna: una bellissima ragazza, piena di coraggio e pazienza,
con una sana passione per le parrucche e la biancheria intima e un amore sconfinato
per Dana International e gli specchi. Di mezzo, così, c’è posto per l’apparenza:
Liam è bello, corteggiato, indipendente, un piccolo genio che lavora già in
privato con la sua migliore amica di sempre Alyson. Solo che Alyson è innamorata
di Liam e da sempre crede che prima o poi si sposeranno. Ovviamente solo nei suoi
sogni, perché Liam invece ha ben chiaro che cosa vuole essere. E non è di sicuro
l’uomo di casa.
Ma
questa vita fatta di segreti non è facile da portare avanti, soprattutto per Regan,
che, pur amando oltre ogni cosa Luna, non riesce a fare conciliare il suo bisogno
di normalità con la sua famiglia. E con il suo ingombrante fratello. Con una madre
praticamente assente, dipendente da psicofarmaci e calmanti ed un padre maschilista
nonché assolutamente incapace di vedere suo figlio per quello che è, Regan è l’unico
rifugio di Luna. E lei non esita mai a mettere da parte i propri impegni e la
propria vita per Luna. Anche quando nella sua vita entra Chris, un ragazzo
conosciuto al corso di Chimica. Anche quando deciderà di accompagnare di
nascosto sua sorella Luna al centro commerciale, vestita da donna, come tanto
desidera. Eppure, piano piano, Liam non riesce più e non vuole più nascondere
Luna, non vuole relegarla ad una vita di notte, reale solo al sicuro nella
stanza di Regan; vuole mostrarsi al mondo ed alle persone che ama per ciò che è
realmente, senza doversi più nascondere. Il primo passo lo fa con Alyson, la
sua amica di sempre, il suo grande banco di prova, la quale rimane stupita,
delusa forse, incapace di accettare la realtà, incapace di rinunciare al
ragazzo che da sempre ama. E prende le distanze sentendosi tradita da Regan e
da Liam.
«Lui
è sempre la persona che conosci. Solo che è più felice come ragazza» dissi
[Regan] a bassa voce.
Lei
fece per aprire la bocca, poi la richiuse. Scosse la testa guardando il
soffitto. «Sono io che non sono più la stessa. E io cosa dovrei essere allora?
Una lesbica? Non penso proprio» disse e si allontanò in fretta da me.
«Se
l’amassi davvero, non farebbe nessuna differenza» le urlai dietro.
Trovo
semplicemente stupenda quest’ultima frase. Perché racchiude una verità
grandissima quanto difficile da accettare. Se si ama si può tutto. L’amore sarà
diverso, ma sarà sempre amore.
Sono
felicissima di avere letto questo piccolo gioiello. Io non ho mai avuto, né mai
avrò pregiudizi verso una qualsiasi forma d’amore. L’amore è universale e
policromatico. Non ha una sola forma di espressione giusta, ne ha infinite. E a
chi mi dice che questo amore è contro natura rispondo che esistono due sole
cose contro natura: la prima è l’ignoranza. Siamo animali, noi uomini e come
tutti gli animali dobbiamo imparare tante cose nella vita per sopravvivere ed
evolvere la nostra specie. Chi resta relegato nell’ignoranza non segue il corso
della natura. Essere ignoranti non significa non essere colti, significa non
essere in grado di capire la realtà ed ostinarsi a contrastarla. La seconda
cosa contro natura è la cattiveria gratuita, la malvagità fine a se stessa. Nessun
animale, tranne l’uomo, uccide per divertimento. Uccide se ha fame, attacca se
si sente minacciato, ma non fa del male per la pura gioia di farlo. Chi fa
soffrire il prossimo senza motivo, chi lo oltraggia, chi lo deride, chi fa del
male agli altri senza essere spinto da fame, paura, istinto di sopravvivenza
(come gli animali) è contro natura. Pertanto, senza troppi giri di parole,
bisognerebbe avere più rispetto per l’amore e per le persone. Più comprensione
per le difficoltà degli altri. E poi basta etichettare la gente come
omosessuale, lesbica, transgender, etero… siamo persone, tutte persone uguali!!
E l’amore è amore. Non si classifica!
lunedì 11 marzo 2013
Il peso della farfalla
Fine: 08 marzo 2013
È il mio secondo Erri De Luca e sono
rimasta nuovamente stregata. Quest’ uomo ha una capacità di trasmettere
immagini ed emozioni incredibile. Il peso della farfalla mi ha lasciato un
grande senso di pace. Forse perché racconta un periodo della vita, quello
finale, con una serenità ed una naturalezza disarmanti; forse perché è giusto
che ognuno di noi sappia che la natura deve fare il suo corso e non c’è nulla
di triste o brutto in questo. Ho versato lacrime, è vero, lo ammetto, ma non
erano amare o tristi erano semplicemente liberatorie. Mi ha insegnato che si
può arrivare a capire certe cose anche con l’ultimo respiro, che non è mai
tardi per imparare e che non si deve rimpiangere quello che è stato, ma solo
prenderne atto. Accettare le cose per quelle che sono. Non è facile farlo,
sicuramente per una come me lo è ancora meno, però questo libro lo insegna e lo
racconta attraverso le vite incrociate di un bellissimo camoscio ed il suo
cacciatore. Non amo la caccia come sport e non la condivido. Ma questo
cacciatore era fin troppo dolce e consapevole per non apprezzarlo; non l’ho
considerato un cacciatore per tutto il libro, ma semplicemente un uomo con la
sua vita, la sua quotidianità e il suo obiettivo. Un uomo che ha avuto rispetto
per la vita e per la morte e che, laddove ha sbagliato, ha imparato dai suoi
errori. Dall’altra parte della barricata il camoscio, anziano, che ormai sa che
la sua vita da capobranco è finita, che si sacrifica per gli altri per non
sprecare nemmeno la sua morte. Una morte che poi alla fine li unisce, dopo
averli tenuti distanti per tutta una vita.
Non
posso trovare altre parole per descrivere questo racconto che sembra una fiaba,
solo che le fiabe di solito hanno il lieto fine. Forse questa il lieto fine non
ce l’ha, ma una morale bellissima e tante cose da insegnare.
Iacobus
Fine:
11 marzo 2013
Proprio
non so resistere al richiamo del medioevo. Se poi, in qualche modo si parla di
templari, crociate e quant’altro, allora mi è proprio impossibile. Ho letto
quasi tutto di questa autrice spagnola che si cimenta in romanzi storici. Matilde
Asensi è quasi sempre una garanzia ed anche questa volta sono rimasta molto
soddisfatta. Intrigante ed appassionante, con un ritmo piacevolmente
incalzante, la vicenda di Galceran de Born mi è piaciuta molto.
Avignone
1315. Galceran de Born, medico e cavaliere dell’Ordine degli Ospitalieri dell’isola
di Rodi, si trova presso un convento mauriziano a Ponç de Riba, in Spagna. Da ormai
quasi due anni, si è dedicato a leggere i libri più antichi e preziosi sulla
scienza medica e a riprendere le tracce di un bambino, un puer oblatus di nome
Garcia, che egli ha soprannominato Jonas. Quando viene convocato in Francia nientepopodimeno
da Papa Giovanni XXII, egli pretende ed ottiene che il ragazzo lo segua per
poter meglio apprendere la professione del medico ed approfittare del viaggio
per vedere luoghi che difficilmente avrebbe modo di vedere. Il Papa, come la
storia ci racconta, si è rifugiato con tutto il papato ad Avignone da quando
spiacevoli inconvenienti hanno fatto si che il Vaticano Romano non fosse più un
posto sicuro. Il Papa ha un grosso problema da risolvere e il Perquisitore è l’unico
che possa aiutarlo. Possa poi è un eufemismo, ovviamente la richiesta è
imperativa. Dopo che i Templari vennero condannati e molti di loro vennero arsi
sui roghi Jacques de Molay, ultimo gran maestro, aveva lanciato dalla sua pira
una maledizione, chiamando di lì a un anno davanti al tribunale di Dio le tre
persone responsabili della sua morte: Papa Clemente V, il guardasigilli
Guglielmo de Nogaret e re Filippo IV. A distanza di un anno i tre erano morti
in circostanze che potevano definirsi anomale o quantomeno non prive di dubbio.
Spetta a Galceran scoprire se queste tre morti siano o meno da attribuire ai
templari rimasti in vita e dispersisi per l’Europa e il Medio oriente decisi a
vendicare de Molay. Inoltre a Galceran viene ordinato di individuare e recuperare l’oro e le ricchezze
dei Templari, che sono state ritrovate solo in piccola parte. Egli parte così
con il piccolo Jonas alla volta di un viaggio che lo porterà fino a Parigi. Ad
ogni tappa, celando la propria identità e usando abilmente il proprio ingegno,
comincerà a ricostruire gli ultimi giorni di Clemente V, Guglielmo de Nogaret e
Filippo IV scoprendo che le loro morti,
tutt’altro che accidentali, sono da considerarsi tre omicidi ben premeditati. Grazie
alla collaborazione della bella e misteriosa Sara, una maga ebrea di Parigi,
egli riuscirà a riconoscere gli esecutori materiali dei delitti, due vecchie conoscenze
che risalgono a prima della sua investitura di Cavaliere. Evgard e Manrique de
Mendoza sono due templari ed egli li conosce molto bene in quanto Manrique
specialmente, è il fratello di Isabel suo unico grande amore e madre di Jonas,
al quale ella ha dovuto rinunciare chiudendosi in un convento a Burgos a soli
quindici anni. Da allora non li ha più rivisti. Evgard è ormai morto ma
Manrique si nasconde in Spagna o forse in Portogallo dove Don Dinis ha fatto rifugiare
i templari rimasti e chiede insistentemente a Papa Giovanni XXII di istituire
un nuovo ordine sotto il quale essi siano riscattati e protetti. Una volta
risolto il primo problema però, Galceran viene in possesso di documenti molto
importanti per il suo compito: ritrovare l’oro dei Templari. Per far ciò,
travestito da nobiluomo in penitenza, dovrà compiere il Cammino di Santiago in
compagnia di Jonas, senza destare sospetti e riportare costantemente le sue
scoperte al Conte Le Mans, che lo segue a distanza coi suoi uomini. Il nuovo
Papa ha fretta di mettere le mani sull’oro. Tuttavia il compito, già non
facile, verrà messo a dura prova dalla ricomparsa di Sara sul Cammino, che
porterà Galceran a cambiare rotta per inseguire la bella maga, amante di
Manrique, diretta a Burgos per raggiungere l’amato templare. Ma seguire e
trovare Sara significherà incrociare la strada dei Templari, che oramai sanno
che il Perquisitore è sulle loro tracce. E finire direttamente nella bocca del
lupo. Galceran dovrà risolvere enigmi e fuggire a chi lo vuole morto; in tutto
questo dovrà proteggere suo figlio che solo da poco ha appreso la sua vera
origine…
In
questo romanzo avvincente e molto accurato nei dettagli storici, la Asensi trasporta
il lettore in mezzo ai pellegrini, ai concheiros
che viaggiano verso la tomba di Santiago facendolo scorrere sulle pagine
velocemente e con una curiosità che aumenta di pagina in pagina.
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La camera d'ambra
Inizio
19 settembre 2012
Fine:
22 settembre 2012
Considerato
che questo è il primo romanzo di Matilde Asensi, bisogna ammettere che nel
tempo è migliorata molto nel costruire trame ed intrecci. Non che questo libro non
sia bello, anzi, ma rispetto ad altri è molto semplice. Ana è un’antiquaria
spagnola che vive con Ezequiela, la donna che l’ha cresciuta. Ana è il Pedone, quinto
elemento della banda degli Scacchi, da quando suo padre è venuto a mancare
mettendola al corrente dei suoi affari. La banda degli Scacchi è una banda di
ladri di beni di inestimabile valore: quadri, gioielli, manufatti, opere d’arte,
etc. Organizzatissimi, distanti fisicamente e geograficamente, Re, Regina,
Torre, Alfiere, Cavallo e Pedone quasi non si conoscono e si contattano grazie
ad espedienti altamente sofisticati creati dall’Alfiere, un vero genio dell’informatica.
Ognuno di loro ha un compito ben preciso e quello di Ana, di solito, è di
commettere il furto. Re è francese, è il più anziano ed è da sempre il capo del
gruppo; da ordini e decide cosa valga la pena di rubare. Regina è una donna
italiana, dedita all’arte, esperta nella riproduzione di falsi esattamente
identici agli originali. Torre è inglese, di Londra ed è il portafoglio del gruppo,
si deve occupare di tutti gli elementi logistici che richiedano dispendio
economico. Cavallo, portoghese, è un orologiaio esperto di meccanismi di
qualsiasi tipo. Alfiere è il genio
informatico che mette tutti in comunicazione, disinserisce qualsiasi antifurto
e fa da supporto remoto ad Ana in ogni operazione. Pedone, infine, è la nostra
Ana, ultimo elemento per importanza ma estremamente prezioso per il gruppo in
quanto esecutrice materiale dei furti. Nessuno conosce questa sua doppia vita
tranne una zia, ritiratasi in un convento, Juana, che le ha riservato una
stanza con doppia mandata per nascondere la refurtiva a cambio di cospicui e
continuativi versamenti economici… La nuova avventura del gruppo degli Scacchi
prevede che Cavallo e Pedone trovino quella che viene definita l’ottava
meraviglia del mondo: la camera d’ambra. Nel 1941, durante la seconda guerra
mondiale, l'esercito tedesco saccheggiò gli antichi palazzi degli zar a San
Pietroburgo e trafugò in Germania
molte opere d'arte di inestimabile valore, che scomparvero misteriosamente
negli ultimi giorni della guerra. Tra queste opere fu anche smontata ed
asportata la camera d'ambra, costituita interamente da
lastre di ambra del Baltico, che sparì insieme agli altri tesori. Ma non appena
Ana si reca da Cavallo in Portogallo per dare inizio ai preparativi, balza
subito all'occhio un problema: Amalia. Cavallo ha una figlia tredicenne che non
ha la vaga idea di cosa faccia il padre come secondo lavoro (o almeno così
pensa lui). Come partire alla volta dell’Europa senza la figlia? E come
spiegare la presenza di Ana, che oltretutto lascia trasparire un certo
interesse per Josè? Piuttosto che stare per qualche tempo dalla madre preferisce
andare in Spagna a casa di Ana e restare con Ezequiela. Una volta ultimati i
preparativi il Cavallo ed il Pedone partono alla volta di Berlino, ma bene
presto scopriranno che non sono gli unici ad essere sulle tracce della favolosa
camera d’ambra. Quello che non immaginano è che tra le loro fila si nasconde il
traditore che cercherà in ogni modo di eliminarli dopo averli usati. Sarà un
aiuto decisamente inaspettato a salvarli…
Sicuramente
è un buon libro, ma rispetto ad altri quali L’ultimo Catone o L’origine perduta, la trama non è poi così avvincente. Si
fa leggere velocemente con le sue 200 pagine e se volete una lettura leggera e
poco impegnativa è un’ottima compagnia sotto l’ombrellone oppure sotto le
coperte quando fuori piove.
giovedì 7 marzo 2013
Il libro dell'Inquietudine
Inizio: 02 marzo 2013
Fine 07 marzo 2013
Fernando
Pessoa intitola questo libro Il libro dell’inquietudine, ma forse sarebbe stato
meglio chiamarlo Il libro del nulla. Il protagonista, Bernardo Soares, lo dice
chiaramente a pagina 48: “In questi miei appunti sconnessi, e che non ambiscono
ad avere un nesso, racconto con indifferenza la mia autobiografia priva di
avvenimenti, la mia storia priva di
vita. Sono le mie confessioni, e se in esse non dico niente è perché non ho
niente da dire”. Ancora più preoccupante è che Bernardo Soares non esiste, è
tutto frutto della mente di Pessoa. Appunti sconnessi in primis. È lui stesso a
presentarlo, come se fosse una persona vera, e definendolo poi così: una semplice mutilazione della mia
personalità: sono io senza il raziocinio e l'affettività. Non è
un romanzo, non è un’autobiografia. È un diario rivolto a se stesso tanto
quanto ad un ipotetico lettore. Fa molto Beckett in questi monologhi che
vogliono essere dialoghi con qualcuno. In attesa che giunga Godot. Disorientata
dalle prime pagine mi sono fermata e ho letto l’introduzione di Tabucchi nella
speranza di trovare la Stella Polare. Ma navigare in questo mare è
difficilissimo… tuttavia devo riconoscere che l’introduzione mette in guardia
molto chiaramente il lettore riguardo ciò che lo attende, ciò che troverà nelle
200 pagine successive. Spiega molto bene la prospettiva dalla quale Bernardo
vede la sua esistenza, rammenta al lettore quante analogie ci siano con altri
scrittori che hanno trattato gli stessi temi dalle stesse prospettive. Ma in
tutte queste spiegazioni, che aiutano il lettore ad accettare quello che
leggerà, non c’è spazio per la vera e propria comprensione del testo. E il
lettore si domanda: perché? Perché ha scritto queste cose? Cosa lo muove a
scrivere così? Tabucchi non ci illumina. Ma forse non è nemmeno compito suo.
L’intermediario ti da gli strumenti, il risultato dipende da te. Così ho
cercato di capire qualcosa di più della vita di questo poeta e scrittore
portoghese che non conoscevo; ho cercato di capire cosa possa muovere una
persona ad annotare pensieri come questi, completamente svicolati da fatti.
Nonostante i miei sforzi l’unica cosa che sono riuscita a estrapolare è il
fatto che forse Fernando avrebbe voluto essere uno nessuno e centomila, come
dimostrano i suoi innumerevoli eteronimi. Forse aveva quest’uomo un animo
talmente sensibile e volatile da sentire la necessità costante di cambiare
nome, attitudine, pensiero, togliere un pregio, aggiungere un difetto, cambiare
gli ingredienti e vedere quale nuova gustosa ricetta di sé era in grado di
ottenere. Ho continuato la lettura, con qualche elemento in più e ho provato a
non vedere dietro quelle righe una persona che in realtà non esiste. A vederlo
come un esperimento. Forse a Fernando farebbe piacere questo mio modo di
vederlo. Così mi sono spogliata di tutto e ho continuato. Non posso definirla
una lettura difficile né nella lingua né nei contenuti, non è ostile, né tanto
meno inquietante come ispira il titolo. No. È una lettura rassegnata e
depressa. Attenzione non deprimente! Solo depressa. Ho ritrovato atteggiamenti
molto simili a quelli che avevo ahimè sperimentato nella depressione, in questa
malattia che rende incapaci di vivere e ti rilega in un limbo che sembra non
finire mai; ed ecco che ti trasformi in spettatore della tua vita, non te ne
accorgi, ma guardi la vita, la tua vita, scorrerti davanti e non sai nemmeno
che è tua. Forse, ti sembra di non averla mai avuta. Sono discorsi difficili da
fare ed impossibili da recensire. A pochi è dato l’onore di capire. E grazie a
Dio! La depressione non è proprio quello che sia augura agli altri!!! Voi, a
questo punto, però, vorrete anche sapere di cosa parlano questi famosi appunti
sconnessi… mettiamola così: parlano dell’anima di Bernardo vista dal di fuori,
come se l’anima di Bernardo, la sua coscienza e Bernardo fossero entità
diverse. Tabucchi dice: come se l’anima guardasse dalla finestra. Vero. Più o
meno così. Sono sensazioni non fatti, impressioni, non eventi. Nulla è concreto
in questo libro. Nemmeno la città, perennemente avvolta dalla nebbia e senza
contorni. Offuscata. Come l’anima di Bernardo. Bernardo che non dorme ma che
parla di sogni e della dimensione onirica costantemente e quel poco di luce che
appare a contrastare la notte è data dal cielo, non dal sole. Bernardo si perde
a guardare le nuvole: sono sempre state lì? E forse diventa la nuvola stessa…
E
poi lo dice: “ho cercato in me varie personalità. Creo costantemente
personalità […]. Per creare mi sono distrutto; mi sono così esteriorizzato
dentro di me che dentro di me non esisto se non esteriorizzato. Sono la scena
viva sulla quale passano svariati attori che recitano svariati drammi”. Bingo.
Ci avevo visto giusto e lungo. Procedendo nella lettura i toni pessimistici
aumentano ed in alcuni passaggi sembra di sentire Seneca (che non era
pessimista, solo realista, ma su certi concetti non era proprio il massimo
della solarità). Ogni tanto evinciamo dal racconto di Bernardo che anche lui
nasconde parvenze umane: fa viaggi, ha amici da visitare, partecipa a cene e
pranzi.. insomma volendo stare a spaccare il capello in quattro, anche lui ha
una vita sociale. Ma questo non basta a farci un’idea della sua vita; l’unica
cosa di cui possiamo farci un’idea è il suo male di vivere, della sua necessità
del sonno visto come la cessazione della fatica e della sofferenza. Bernardo
non vuole vivere, non ne ha voglia o forse ne ha paura, esattamente come non ha
voglia di comprare quelle banane dal grande giallo che vede ordinatamente nella
loro cassetta. In un libro pieno di ossimori Soares è la litote per eccellenza,
ci dice cosa è dicendoci tutto quello che non è. Capiamo cosa fa da tutto
quello che non fa.
Tirando
le somme non è un libro facile e non è scorrevole. Ci si deve un po’ forzare a
leggere appunto per appunto e ci si deve sforzare di estrapolarne un
significato. Tuttavia non posso definirlo né brutto né poco interessante poiché
contiene moltissimi spunti di riflessione. E qui cito me stessa: “più che un
romanzo è un quaderno per gli esercizi. Matita alla mano mi siedo accanto a
Bernardo e vedo se riesco a fare i compiti”.
mercoledì 6 marzo 2013
La morte della Pizia
Fine: 06 marzo 2013
Letto velocissimamente. Impossibile resistere
a questo piccolo capolavoro di Durrenmatt. Ne avevo sentito parlare nella trasmissione
Per un pugno di libri (una delle poche per cui valga la pena di accendere la
televisione); era la lettura del giorno, sulla quale si sfidavano le due classi
e mi aveva conquistato. Dalla wishlist non è nemmeno passato, l’ho
immediatamente comprato. Ieri sera ho posato Pessoa e preso in mano questo
piccolo libricino rosso. E ho cominciato a ridere. A ridere di gusto. Si perché
mai nella vita mi sarei immaginata la Pizia così; chi come me ha fatto il
classico si è sorbito autori e traduzioni dei miti in tutte le salse e oramai
ha ben scolpiti nella mente tutti i personaggi possibili ed immaginabili della
letteratura e della mitologia greca e latina. Ma una Pizia “stizzita per la
scemenza dei suoi stessi oracoli”, con buona pace di Apollo, io non l’avevo mai
immaginata. E per un attimo mi sono immaginata cosa sarebbe accaduto se Durrenmatt
si fosse chiamato Sofocle e io mi fossi trovata a tradurre un testo così… che
spasso!!
La
Pizia è vecchia e stanca di fare questo benedetto lavoro (mal retribuito) per
il sacerdote. Ma quali oracoli! Pannychis XI le sue divinazioni se le inventa
di sana pianta! E più le domande sono stupide e banali più lei inventa
soluzioni impossibili e finali da film di fantascienza. Come la cavolata detta
a quell’Edipo… “ucciderai tuo padre e giacerai con tua madre”, seeee ,ma quando
mai. Pannychis se la ride sotto i baffi a vedere le reazioni della gente ai
suoi impossibili responsi, tuttavia tutti i postulanti se ne anno via mesti e
seri prendendo le sue parole per oro colato. Anche quando non sono sue … perché
chiariamoci, ogni tanto le tocca pure pronunciare gli oracoli del veggente cieco
Tiresia che, mannaggia a lui, scrive in giambi (figurati se lui rinuncia a
scrivere in versi). Un po’ di conforto le viene dai vapori che usa per
vaticinare. Belli caldi sono un toccasana per i suoi reumatismi e per scacciare
quella corrente gelida che soffia per il tempio. Tempio… insomma il Santuario
di Delfi oramai era una catapecchia che invano il sacerdote Merops cercava di ristrutturare
facendo sorgere cantieri a destra e a sinistra. Il tempo passa e la Pizia
continua a propinare colossali balle a tutti coloro che le chiedono un responso.
Ma quando Edipo ritorna, cieco e sorretto dalla figlia (sorella) Antigone,
quasi la Pizia si sente male. Possibile che il suo oracolo si sia avverato? Sfilano
così davanti a lei i personaggi della famosa tragedia di Sofocle, che le
narrano di come hanno in tutti i modi assecondato il volere di Apollo, espresso
dalle labbra di Pannychis. Con qualche piccola variante, rispetto al mito
originale. Edipo allontanatosi dai suoi genitori Polibo e Merope (re e regina
di Corinto) si era spinto verso Tebe e in un duello aveva ucciso Laio, re di
Tebe (suo padre) e sposato Giocasta (sua madre). Proprio loro che lo avevano
abbandonato neonato non appena avevano saputo della terribile profezia che
minacciava Laio: sarebbe stato ucciso da suo figlio, sangue del suo sangue. Davanti
alla realtà, Giocasta si era impiccata e Edipo si era accecato (non prima di
avere generato quattro figli). La Pizia vede fuoriuscire i personaggi dalle
nuvole di vapore che salgono da sotto il tripode, come fantasmi le si parano
davanti e le raccontano la loro versione della storia, ribadendo il volere di
Apollo. Ma quale volere di Apollo! Pannychis si era inventata tutto di sana
pianta! Eppure questa gente le crede e non la molla un attimo, non le danno
tregua. Nemmeno Tiresia che le appare per ricordarle che loro due presto
moriranno insieme. “Ti odio” sibilò la Pizia. (Sibilò, stupendo, considerando che
il protettore dell’oracolo, inizialmente affidato a Gea, era una pitonessa
gigante di nome Pitone). Anche Tiresia è un imbroglione, esattamente come lei;
quando aveva vaticinato a Laio che sarebbe morto per mano del figlio tutti
sapevano che Laio non poteva avere figli e mai ne avrebbe avuti. Eppure nessuno
rifletteva su questo! Se gli Dei vogliono questo, allora accadrà. E infatti,
manco a farlo apposta, tutto si era avverato. Come Tiresia dice a Pannychis “con
il tuo oracolo hai inventato la realtà”. Abile burattinaio Tiresia serve i suoi
versi giambici per cercare di modellare la realtà, ma spesso, quelle che
inizialmente si dimostrano buone intenzioni, alla fine si rivelano disastri. Un
piccolo dato, omesso, può confondere il vecchio e fargli vaticinare qualcosa in
un modo anziché in un altro. E il risultato è lontano mille miglia da quello
che si sarebbe volto ottenere; dovunque si cambi qualcosa, il cambiamento
riguarda il tutto.
Nel
discorso finale di Tiresia, però c’è molto di più di una storiella divertente,
c’è un’accusa abbastanza esplicita a chi aspetta una risposta dagli dei per
agire. Chiunque potrebbe trovare una risposta, una soluzione, ma si preferisce
chiedere un’illuminazione. Ci si rifugia nel misticismo per non utilizzare il
cervello. Come quando parla dei tebani, perennemente flagellati dalla peste “Invece
di costruire una fognatura come si deve,
tanto per cambiare ti chiedono un oracolo”. Pigrizia assoluta dell’animo. Nonostante
sia il loro lavoro, Tiresia condanna quest’eccessivo rifugio nel volere degli
dei, nel chiedere ciò che accadrà, pagando il prezzo del sapere con l’infelicità.
Tanto varrebbe allora sapere di meno ed agire di più e se poi gli dei avrebbero
voluto un’altra cosa, poco importa. Le ultime pagine, con il racconto della
Sfinge sono davvero molto belle e racchiudono un’atmosfera incredibilmente magica.
Non è assolutamente un libro scontato e non fatevi ingannare dalle sue
pochissime pagine; è seduttivo e incantatore come un serpente sinuoso. Stupendo!
martedì 5 marzo 2013
Tutti i figli di Dio danzano
Inizio: 05 marzo 2013
Fine: 05 marzo 2013
Ok, lo ammetto è stato uno shock. Io,
abituata alla leggerezza pacata di Banana Yoshimoto, mi sono trovata sottosopra
con Murakami. Haruki mi ha letteralmente preso a schiaffi. E io come una
cretina sono stata lì a farmeli dare. La leggerezza della brezza marina contro
l’impetuosità del vento di tramontana. Mi devo riprendere. Non che il Giappone
debba essere necessariamente come Banana lo racconta, ma qualcosina della nippo-cultura
l’ho studiata e non trovo verosimili i dialoghi tra perfetti sconosciuti del
primo racconto, sfrontati ed arroganti. E la volgarità? Che cavolo di
giapponesi sono questi??? Ma senza fermarmi all’apparenza cerco di capire, un
po’ più in profondità, chi sono questi personaggi con i quali ho a che fare. È chiaro
che Murakami non scrive un romanzo, ma narra racconti. Quindi ci dovrà essere
un filo rosso che li lega. In particolare questo libro, composto da sei
racconti, ha come filo conduttore il terremoto di Kobe del 1955. Tutti i
personaggi sono legati in qualche modo a tale tragedia. Nel primo racconto incontriamo
Komura, un uomo abbandonato dalla moglie che lo ha lasciato cinque giorni dopo
il terremoto. Loro vivono lontano dall'epicentro e non hanno amici o parenti in
quella zona; eppure la moglie resta per cinque giorni immobile ed attonita davanti
al teleschermo, prendendo poi la decisione di andarsene e divorziare. Non è
difficile per il lettore immaginare che abbia avuto amante a Kobe e che lo
stesso sia morto nel terremoto. Nel secondo racconto, un uomo di mezz’età, Miyake,
rivela di avere una famiglia a Kobe anche se da anni vive in una piccola
cittadina sul mare. Anche qui il lettore può solo immaginare cosa sia accaduto
alla moglie ed ai figli di Miyake e si rende comprensiva la decisione
(apparente) di suicidarsi. Nel terso, Yoshiya, venticinque anni, rimane solo a casa
per qualche giorno poiché sua madre è in missione umanitaria a Kobe con il suo
gruppo spirituale (sembra quasi cristianesimo ma non saprei…) per prestare
aiuto. In uno di questi giorni il ragazzo incontra per caso per strada un uomo
che, per via di un difetto ben visibile, potrebbe essere suo padre e si mette a
seguirlo. Alla fine del viaggio Yoshiya troverà solo se stesso. Nel quarto
racconto incontriamo Satsuki, una bella donna, una dottoressa affermata in
viaggio a Bangkok per un convegno medico. Anche lei è legata a Kobe, il suo ex
marito vive lì. O forse viveva, perché lei spera con tutto il cuore che sia
rimasto schiacciato sotto le macerie. E poi, nel quinto, arriva un Ranocchio
gigante che vuole salvare Tokyo da un imminente terremoto, perché il Gran
Lombrico è stato svegliato da quello di Kobe. Per farlo chiede aiuto a
Katagiri, che lavora per la sezione recupero crediti di una banca,
presentandosi a casa sua e chiedendo il suo aiuto. Ancora desso mi chiedo chi
fosse Katagiri… se il simpatico coprotagonista di una (disgustosa) storiella
per bambini oppure un tossicodipendente in fase di astinenza (e non vi spiego
il perché). Per ultimi incontriamo Sayoko, Kan e Junpei. Sayoko e Kan sono
stati sposati ed hanno avuto la piccola Sara, ma il loro matrimonio è finito
nonostante i loro rapporti continuino. Junpei è un secondo padre per Sara, alla
quale ama raccontare storie inventate sul momento. È laureato in Letteratura e
da quando i suoi genitori lo hanno scoperto, non si parlano. Nemmeno il
terremoto di Kobe (dove vivono i genitori di Junpei) li muoverà da questo
silenzio astioso in cui si sono rinchiusi. Ma in questo ultimo racconto il
terremoto è davvero solo una macchiolina sullo sfondo. La storia è tutt'altra.
Lo
confesso, me lo sono divorato in meno di 4 ore, non che sia un mattone ma proprio
proprio non ho resistito. Non mi sono ancora fatta un’idea sul significato di
questo libro, ma qualche riflessione ha già preso piede. Effettivamente,
terremoto a parte, un filo rosso questi racconti ce l’hanno: è il bisogno di
sentirsi amati, la costane ricerca della propria gratificazione sentimentale nell'altro che può essere una moglie, un nuovo compagno, un padre, una madre,
etc… Questo bisogno impellente nasce quasi sempre dall'abbandono o dall'insoddisfazione
dalla prova evidente che chi ci è accanto non ci apprezza o non ci ama come
vorremmo. Murakami si spinge oltre e descrive le conseguenze di queste ricerche,
che possono fruttare o meno. C’è chi non ha paura di trovare la gratificazione
in una persona diversa, dopo essere stati abbandonati, chi invece non riesce ad
affrontare una nuova situazione e chi alla fine decide che forse non gli
importa più di tanto. C’è chi combatte l’abbandono con l’odio e chi combatte l’ingratitudine
con la bontà. Ognuno sembra trovare la propria dimensione in questo libro, a parte
il lettore, che non sa più da che parte è girato. Un po’ come me che ho
cominciato questo libricino sbraitando contro un autore che mi prendeva
letteralmente a schiaffi e adesso lo chiudo con il sorriso stampato in faccia. Che
dire, non è Banana, è diverso. Non è così denso, è più velato, ma altrettanto
profondo. È meno giapponese, ma più diretto. È più discorsivo, meno
introspettivo, ma lascia al lettore la possibilità di immaginarsi un perché, un
come andrà a finire. Ho già capito che ne comprerò altri!!
Me parlare bello un giorno
Inizio: 27 febbraio 2013
Fine: 05 marzo 2013
Mah, che dire. Questo libro è un po’
strano, esilarante a tratti, un po’ più noioso in altri. Non ricordo cosa mi
avesse colpito della trama tempo fa, né dove l’avessi letta. Probabilmente la
colpa è di Anobii, tanto per cambiare. David Sedaris è nato in America da
genitori greci, ha una famiglia numerosa e nella sua vita ne ha combinate un po’
di tutti i colori. In questo libro si narrano solo alcuni episodi della sua
vita, alcuni tratti dalla sua infanzia, segnata dalla consapevolezza di essere
negato per l’arte in generale ed essere omosessuale, aldilà di ogni ragionevole dubbio; altri
invece raccontano delle sue esperienze nella grande mela, così diversa dalla
cittadina della North Carolina nella quale è cresciuto. Racconta in modo
esilarante la sua esperienza parigina con il compagno Hugh, i suoi costanti e
pigri tentativi di imparare il francese insieme ad un eterogeneo gruppetto di
alunni provenienti da svariate parti del mondo. Si racconta a noi in modo
diretto ed esplicito, senza filtri, anche quando deve parlarci della sua
esperienza con la droga (risalente alla sua giovinezza), destabilizzando un po’
il lettore proprio per questa sua eccessiva franchezza. Nel complesso è un
libro che si fa leggere senza troppe pretese e senza troppi problemi. Mi resta
sempre il dubbio, però, leggendo cose come questa, che davvero oggi giorno chiunque
abbia la pretesa di avere una vita interessante e abbia all'improvviso l’impellente
necessità di metterla alla mercé di tutti…
Non
capisco… onestamente non lo ricomprerei.
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