lunedì 16 dicembre 2013

Adiòs muchachos!

Inizio: 13 dicembre 2013
Fine: 16 dicembre 2013

Proprio quel che non ti aspetti. Alla fine questo piccolo libricino mi ha stupito.

Alicia è una giovane cubana con un sogno, poco romantico e molto concreto: adescare uno straniero miliardario e sposarlo. Se poi è piacente tanto meglio. Di questo necessità ha fatto virtù, o vizio sarebbe meglio dire. Con la complicità di sua madre Marguerita, ha organizzato uno stratagemma invidiabile: succintamente vestita (ma non volgarmente), pedalando in modo vigoroso e sensuale una bicicletta, attira l’attenzione del pollo di turno ed al momento opportuno sfila un pedale fingendo una proverbiale caduta. Recitazione degna di un’attrice. Seguono le immediate ed attese attenzioni dell’ignaro adescato che si offre di accompagnare a casa la provocante studentessa, casa nella quale gli viene casualmente offerto di rimanere a cena per assaggiare la stupefacente cucina di Marguerita e … godere delle attenzioni di Alicia. Non si accettano soldi, perché sia chiaro che Alicia è una bravissima ragazza e non una prostituta! Non sia mai! Cosa pensa questa gente? Di pagarla come se fosse una professionista? Sarà una ragazza con scarsi mezzi, ma insomma, ha la sua dignità!!! E anche qui, meriterebbe l’Oscar. Il risultato è che quasi tutti le offrono regali e qualcuno le propone persino il matrimonio; Alicia, però, aspetta l’affare del secolo. Victor King, collaboratore di una multinazionale, si trova a Cuba assieme al suo capo Hendryck (Rieks) Groote, proprietario della Groote Inc ed ad un altro socio Jan Van Dongen. Il siparietto di Alicia ottiene l’effetto desiderato su Victor, il quale, dopo una notte appassionata, offre alla ragazza un lavoro strapagato a tempo pieno: lei adescherà persone segnalate da sua moglie Elizabeth e le porterà lì dove metterà in scena il suo show a beneficio dei coniugi che assisteranno indisturbati da dietro uno specchio. Alicia accetta, inconsapevole del fatto che Victor le sta propinando una serie di clamorose bugie, a parte lo scopo del lavoro. Lui non ha una moglie, tanto per cominciare, non si chiama Victor King ma Henry Moore e non ha la fedina penale pulita. Elizabeth invece “esiste” davvero, peccato che non sia una donna, ma un transgender, ovvero Rieks Groote. Non ci sarebbe necessità di svelare tutte queste informazioni, se non fosse che una sera, dopo l’ennesimo show di Alicia, in un momento di relax, Elizabeth, visibilmente sbronza, scivolando su un’oliva, cadendo rovinosamente a terra davanti agli occhi impietriti di Victor, muore sul colpo. Qui inizia la parte decisamente più avvincente e bella del romanzo. Bisogna assolutamente architettare un piano. Davanti allo sbigottimenti sempre più crescente di Alicia, Victor racconta tutto per filo e per segno, compreso il fatto che se non si trova un’alternativa, lui potrà dire addio al suo lavoro e di conseguenza lei al suo. Decidono dunque di inscenare un finto sequestro con tanto di percosse a Victor e richiesta di tre milioni di dollari di riscatto. Ognuno avrà la propria parte, meticolosamente studiata ed una volta inscenato il tutto, mentre la ragazza torna a casa, Victor (ferito e stordito) si fa accompagnare a casa di Van Dongen per recitare l’atto iniziale della farsa. Lavorando all'interno dell’azienda, saprà sempre i movimenti e le decisioni degli altri e non gli sarà difficile manovrare la consegna del riscatto, che ovviamente riscuoterà la sua complice. Almeno in teoria, perché i colpi di scena da qui alla fine, davvero non si risparmiano.


Per le prime 80 pagine mi sono chiesta che storia Chevarrìa mi volesse raccontare, va bene che la vita di Alicia era già di per sé una buona base, ma sinceramente ci sarei rimasta molto male se fosse stato tutto lì. Nonostante un linguaggio scorrevole e mai volgare, la descrizione (alle volte troppo dettagliata) delle prodezze della cubana cominciava a darmi noia. E sono stata piacevolmente sorpresa quando la storia, dopo l’adescamento di Victor, fa un brusco cambiamento di genere… passando al romanzo giallo. Una svolta che non ti aspetti e che rende assolutamente geniale questo libricino, accattivando il lettore fino all'ultima pagina. 

venerdì 13 dicembre 2013

Il potere del numero Sei (Lorien Legacy #2)

Inizio: 11 dicembre 2013
Fine: 12 dicembre 2013

Che ci crediate o meno, questa è una delle rare volte dove il seguito è più bello dell’inizio della saga. Niente da fare, sono una divoratrice di libri, anche questo mi è durato tra le mani ventiquattro ore scarse. Decisamente fantastico!!! Non sapevo nemmeno io cosa aspettarmi, ma Pittacus Lore non mi ha deluso, anzi! Fluido, scorrevolissimo, pieno di colpi di scena ed imprevisti…. Insomma da leggere di rigore.


Marina è Sette. La sua Cepan è Adelina e da undici anni vivono chiuse in un convento in Spagna. Ma, mentre Marina non si è mai dimenticata chi è e cerca di tenersi informata sulla sorte degli altri Garde (forse uno è in India, un altro è in Argentina e questo John Smith in Ohio sembrerebbe proprio essere un altro di loro), Adelina sembra essere stata assorbita completamente dalla fede cattolica, dimenticandosi il suo ruolo. Ora che per Marina si avvicina il diciottesimo compleanno, prende piede dentro di lei l’intenzione (che ha sempre dovuto reprimere) di andarsene da lì e mettersi a cercare gli altri, d’altronde, l’unione fa la forza. A dieci giorni dalla battaglia alla scuola di Paradise, John, Sei e Sam hanno trovato rifugio in un motel in North Carolina, sempre fedelmente accompagnati da Bernie Kosar. C’è poco tempo per fermarsi, giusto quello necessario per curare le ferite e poi sono di nuovo in viaggio verso Sud. A differenza di John, Sei ha perso il proprio scrigno quando è stata catturata anni prima dai Mogadorian; bisogna assolutamente recuperarlo. Ed ora i due Garde sono senza i loro Cepan, morti per difenderli. Henry ha perso la vita nella battaglia della scuola, sotto gli occhi atterriti di un impotente John; Katarina invece è morta tre anni prima, quando lei a Sei erano state catturate. Avevano ingenuamente risposto a un messaggio di Due (che dopo il formarsi della prima cicatrice, aveva capito di essere il prossimo sulla lista) che cercava di accertarsi che gli altri stessero bene e fossero ancora in giro. Due era stato eliminato subito dopo, così come Tre, Sei e la sua Cepan catturate. Ma la regola impedisce di uccidere i piccoli Lorien se non seguendo l’ordine dei loro numeri. Sette sembra essere in Spagna, Nove in Sudamerica e probabilmente senza il suo Cepan. Così dopo mesi di prigionia a Sei compaiono le prime Eredità, che utilizza per scappare. Da sola e spaventata, fino a ricongiungersi con John. Marina, intanto, oltreoceano cerca come può di ricavarsi un po’ di tempo per sé, lontano da tutti quegli occhi che la controllano costantemente; ha trovato una caverna, dove passa un’oretta la domenica, dove dipinge e riflette sul da farsi, sempre più convinta che sia meglio fuggire e cercare John. La vita in convento è una copertura fantastica, ma comincia ad andarle stretta; per fortuna da poco è arrivata una nuova orfanella, la piccola Ella, che in qualche modo la fa sentire meno sola. Il disinteresse di Adelina pesa come un macigno e nemmeno il timore che qualcuno la stia osservando di nascosto, sembra smuoverla da quello stato di fede nel quale si è chiusa. In North Carolina, dopo essere riusciti a scappare da un inseguimento con la polizia, i tre fuggitivi sono ancora più in pericolo: hanno usato palesemente le loro eredità e si sono resi riconoscibili ai loro nemici. Si sono rifugiati in una casa abbandonata in Florida dove contano di nascondersi ed allenarsi… prima di trovare un modo sicuro per contattare gli altri. Hanno anche aperto lo scrigno di John, ma a parte poche informazioni fornite da Sei, non sanno come far funzionare il contenuto. E sono di nuovo in pericolo. Dopo essersi resi conto che incredibilmente anche Sam fa parte del destino Lorien, decidono di tonare a Paradise. Ovviamente non è una buona idea. Così, mentre Sette rientra in possesso del suo scrigno, Quattro perde il suo dopo l’ennesimo scontro con i Mogadorian. Attraverso internet, Sei capisce che uno dei sei rimasti ha bisogno di aiuto, e decide di partire da sola per la Spagna mentre Sam e John proveranno ad entrare nella montagna base dei Mogadorian per recuperare gli scrigni. Marina è riuscita a riavvicinarsi alla sua Cepan, in tempo per il suo primo scontro, anche se questo porterà Adelina alla morte. Non tutto è perduto, esiste un decimo Lorien, partito su una seconda astronave, che è già lì al suo fianco… e poi sta arrivando Sei, tra fulmini e tempesta.

mercoledì 11 dicembre 2013

La fune

Inizio: 11 dicembre 2013
Fine: 11 dicembre 2013

Fatte non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.  Credo che il succo di questo libricino di Stefan aus dem Siepen possa essere questo. Con annessi e connessi e, ovviamente, con le debite differenze rispetto al folle volo. È uno di quei libri dove la trama in sé non è un granché e non è neppure importante, quel che conta è la morale, il messaggio nascosto.

Sul limitare del bosco, vicino ad un villaggio di contadini, un giorno di fine estate appare il capo di una fune. È una bella fune, solida e spessa e non appartiene a nessuno del villaggio per via della sua fattura. Il primo che ci incappa, Bernhardt, incuriosito prova a tirarla, ma si rende ben presto conto che è saldamente legata o trattenuta da qualcosa; la segue per qualche metro e poi scoraggiato torna indietro. Chi se ne importa di una stupida corda! Lui ha ben altro a cui pensare: la sua famiglia. Sua moglie Agnes e la sua piccola Elizabeth, appena nata. Pure gioie famigliari. Tuttavia la curiosità dilaga in poco tempo tra gli abitanti del villaggio, finché un giorno Michael, Ulrich e Raimund (appoggiati dalla piccola comunità) decidono di inoltrarsi un po’ nel bosco per vedere come disincagliare la fune. Il risultato è un disastro: ritornano di corsa dopo essere stati attaccati dai cinghiali. Uli è ferito ad una gamba in modo serio e Agnes decide col marito di occuparsi di lui. Invece che affievolirsi, l’interesse per la misteriosa fune aumenta, assumendo il fascino di un enigma da risolvere a tutti i costi. Una questione di principio insomma. E così una mattina tutti gli uomini del villaggio (esclusi gli anziani e Johannes) partono alla ricerca del bandolo della matassa con la promessa di tornare in giornata. A loro si è unito Rauk, il maestro di un villaggio vicino, un novello Ulisse dalla lingua superdotata di belle parole, atte a convincere chiunque di qualsiasi cosa. Eccoli lì dodici Teseo in bella mostra che seguono una fune senza nessuna Arianna ad aiutarli. Tanti piccoli topolini che seguono il suono del flauto di Rauk. I giorni passano, diventano due, poi tre, poi quattro e il mistero è sempre più fitto. L’orgoglio e la curiosità impedisce agli uomini di tornare a mani vuote, ma non impedisce a Bernahardt e ad Alfred di incamminarsi al contrario, tornando al villaggio. Anche se al villaggio non ci arriveranno. Bernhardt si ferisce seriamente ed è costretto a mandare avanti Alfred da solo, il quale, a causa di un malore, si accascia non molto lontano tra le felci. Mentre il gruppo di Rauk procede, sempre più convinto e sempre più inferocito, arrivando a saccheggiare un villaggio abbandonato ma perfettamente in ordine, nel loro villaggio, il panico e lo sconcerto, dopo essere aumentati vorticosamente, hanno lasciato posto alla concretezza; è il momento di mietere i campi e tutti coloro che sono rimasti al villaggio (donne, anziani, bambini, Uli e Johannes) devono lavorare per mettere al sicuro il bene prezioso. Peccato che non ne abbiano il tempo, perché una furiosa tempesta si abbatte improvvisamente sul villaggio, distruggendo tutto il raccolto e seppellendolo sotto uno spesso strato di grandine. Allo scadere di tre settimane di assenza e attesa la comunità decide di andarsene: non hanno più scorte e sono costretti a rivolgersi ad un villaggio vicino; riordinate le case e fatti i bagagli, si incamminano. Lontani miglia e miglia gli uomini ancora persistono nella loro impresa, affrontando serpenti e lupi, costantemente trascinati dal carisma di Rauk.


Non posso svelare il finale, anche se è abbastanza facile da intuire. Come precedentemente detto, questo libricino contiene una morale, non una storia. È un vorticoso vento che soffia in avanti gli uomini sorretti da curiosità e brama. Un vento difficile da gestire ed impossibile da controllare, che sembra essere a nostro favore fino a quando non ci ha spinto troppo lontano. Perché “quando la felicità è troppo grande, diventa una pena”.

Le Vendicatrici #1 - Ksenia

Inizio: 9 dicembre 2013
Fine: 11 dicembre 2013

A parte l’inizio che non ti aspetti… applausi per loro! Che cosa sono riusciti a scrivere a quattro mani Carlotto e Videtta! Ho visto questo libro quest’estate, come sempre mi ha attirato la copertina.. una letta veloce alla trama e via, nel carrello. Primo romanzo di una quadrilogia, già evidente sulla quarta di copertina, è rimasto lì un po’, mentre uscivano gli altri tre e gli si adagiavano accanto. Anche se può sembrare strano comprare a scatola chiusa… difficilmente mi sbaglio quando metto gli occhi su qualcosa. Ogni libro ha il suo momento per essere letto, anche se questo significa lasciarlo in scaffale qualche mese o qualche anno; arriverà il suo turno, ma nel frattempo non si può farselo sfuggire. Ed eccola lì Ksenia, sulla quale ho messo gli occhi da qualche giorno, giusto il tempo di finire un altro libro ed è il suo turno. Ovviamente, l’ho divorato.

Ksenia è una ragazza siberiana di vent'anni, alla quale è stato promesso un matrimonio felice ed appagante in Italia. Lello Pittalis l’ha fatta arrivare irregolarmente e sta per consegnarla ad un umo molto diverso da quello che lei ha sempre visto in fotografia. Antonino Barone ha sessantanni, è calvo, grasso, goloso, avido e inquietante; ha una sorella con atteggiamenti amorosi e perversi, con la quale condivide anche la nuova moglie. È stata ingannata, Ksenia, ma è troppo tardi. Diventa così la moglie (schiava) del più potente e spietato strozzino di Roma, senza via di scampo. Cosa ancora peggiore, diventa il giocattolo preferito di Assunta, la sorella di Antonino, crudele ed insaziabile. Tutti la guardano fare il giro dei negozi con occhi ostili, pieni di ribrezzo e disgusto, le voci si placano al suo passaggio e ricominciano quand’è abbastanza lontana. Niente amici, niente svago, niente di niente. Almeno fino a quando non incontra Luz, una colombiana bellissima che, preoccupata per i lividi che le vede sul viso, comincia a farsi trovare ogni giorno sulla strada che lei percorre e nei negozi che lei frequenta. Luz è una prostituta che abita nel palazzo di fronte a quello di Ksenia e i loro sguardi si erano già incrociati altre volte. Pian piano la colombiana si conquista la fiducia di Ksenia e le presenta la cara Angelica Simmi e il suo badante cubano di settantanni Felix. Alla loro vicenda si aggiunge, attorcigliandosi come edera, quella personale di Eva D’Angelo, proprietaria di una profumeria, intelligente, capace e vittima di un marito giocatore ed indebitato che è scappato con la commessa ventenne. Renzo, come molti altri, gioca alle macchinette del bar Desirè del sor Mario (fantoccio di Barone) e come molti altri è vittima dello strozzino. Nemmeno Monica, la gentile cameriera del bar, era riuscito a convincerlo a lasciar perdere. Monica, coraggiosa, che per una frase di troppo è stata brutalmente sodomizzata dai due fratelli Fattacci. Ma una sera, proprio quando Eva decide di affrontare lo strozzino in casa sua, Ksenia, davanti al marito che ancora una volta maltratta una donna, reagisce e gli piazza la forchetta con cui sta mangiando dritta in gola. Lo strozzino s’è strozzato, almeno ufficialmente. Ovviamente le cose hanno tutt'altra piega. La siberiana ed Eva hanno ripulito per bene la cassaforte dello strozzino e assieme a Luz hanno deciso un piano. Felix e la signora Angelica sono disposti a dare a Ksenia un alibi, inoltre nessuno ha visto entrare Eva. Nessuno l‘ha vista uscire. Ognuno recita la propria parte. Il sodalizio comincia. Ksenia e Luz decidono di diventare socie di Eva nella profumeria, ricominciare una nuova vita, estinguere i debiti di Renzo, recuperare la bimba di Luz che vive in un collegio gestito da suore e rifarsi una vita. Assunta Barone, dal canto suo, non crede nemmeno un momento alla morte accidentale del fratello, qualcuno l’ha ucciso ed ha anche portato via il contenuto della cassaforte. Bisogna capire chi ha tradito Antonino e fargliela pagare; nell'immediato bisogna recuperare il teso della buon’anima. Ksenia si rende ben presto conto che, morto il marito, i veri problemi sono altri: deve badare a Lello Pittalis, all'agguerrita Assunta, al viscido Sereno Marani e soprattutto ai fratelli Fattacci. E adesso anche Luz se ne dovrà guardare. Da quando Assunta scoperto che le due ragazze sono legate da un sentimento, i bersagli sono diventati due. A guardar loro le spalle c’è Sara, anche se ancora non lo sanno. Di lei sappiamo poco, solo che quella di Monica era una copertura, anche se lo stupro l’ha subito davvero. Sara è agguerrita, coraggiosa, furba e soprattutto determinata. Nessuno la vede, nessuno la riconosce mentre lei, un passo avanti agli altri, decide sul da farsi. Quando anche la vendicatrice si unisce al gruppo la miscela diventa pericolosamente esplosiva. Assunta dovrà fare in conti con la nuova riorganizzazione della sua banda e soprattutto la scaltrezza delle ragazze, che lei ha sempre considerato delle ingenue.


Colpi di scena e imprevisti caratterizzano questo romanzo fino alla fine, tanto che è durato nelle mie mani poco più di ventiquattro ore. E adesso, il secondo, Eva, con la copertina blu, mi osserva dallo scaffale. Devo solo ricambiare lo sguardo.

martedì 10 dicembre 2013

La morte si muove nel buio

Inizio: 23 ottobre 2013
Fine: 24 novembre 2013

5 e 6 maggio 1527. Sacco di Roma. L’esercito di Carlo V ha invaso Roma mettendo a ferro e fuoco la città, i tedeschi e i lanzichenecchi sono ovunque e papa Clemente VII è prigioniero in Vaticano. L’imperatore, contrario a quell’iniziativa sanguinosa ha provveduto a spedire parte dell’esercito spagnolo da Madrid, per riequilibrare la situazione. Così Roma è controllata da tedeschi e spagnoli, due falangi al servizio di uno stesso imperatore. Solo due persone non si sono accorte della cortina fumosa che regna sovrana sulla città: Gregorio, un ex frate sfuggito al rogo, che vive da anni ritirato nel sottosuolo ed il giovane Parmigianino, troppo intento a dipingere.  In questa situazione caotica, nel cuore del palazzo in cui è rinchiuso Clemente VII, vengono uccisi il Cadinale Ercole Rangoni ed il suo segretario Mario Barbaro (finito infilzato su una picca dopo essere stato buttato da uno sfiatatoio), oltre a due guardie spagnole, brutalmente sgozzate per essersi trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ufficialmente è il colonnello Schertlin ad essere incaricato di indagare sulle morti sospette; ufficiosamente, Morone, un conte che governa Roma per conto di Carlo V, incarica Benvenuto Cellini di fare le stesse indagini. Benvenuto è un orafo fiorentino venuto a Roma anni prima e distintosi come pifferaio del papa. Il suo il suo sogno di sempre, però, è diventare uno scultore. L’artista, dopo il Sacco di Roma, si ritrova a coniare monete per Carlo V, su ordine di Clemente VII. Il papa, un Medici, apprezza Cellini e in qualche modo lo protegge. Innumerevoli trame filano nel palazzo, tessute soprattutto da altre losche figure: il Cardinale Pisani, veneziano doc, che non può soffrire Benvenuto e la sua sfrontatezza nel mettere il naso dappertutto; il Cavalierino, francese, assistente personale del papa, che come Pisani non può sopportare Benvenuto; lo stesso Morone, poco chiaro nelle sue posizioni, etc. Le indagini procedono a rilento perché Schertlin e Cellini non si sopportano per ragioni che vanno al di là delle loro posizioni politiche e sociali: sono innamorati della stessa donna, una cortigiana (per dirla moooolto finemente) di nome Lozana. Il loro è un continuo pestarsi i piedi e ringhiarsi a debita distanza, lontanissimi dal collaborare, cercano goffamente di avanzare nelle indagini ostacolandosi l’un l’altro. L’unica cosa certa è che Rangoni è morto soffocato e non naturalmente (come si voleva far credere) e che il povero Barbaro è stato torturato a lungo prima di essere ucciso. Schertlin è solo nelle proprie indagini, mentre Benvenuto può godere dell’aiuto dell’amico Mezzocavallo e di Muñoz, l’unica guardia della ronda spagnola salvatasi per miracolo all’agguato. I due avrebbero il compito di controllare e pedinare il Cavalierino, che però se ne accorge, seminandoli. Benvenuto conta anche sul Parmigianino, per chiarire alcuni aspetti del ritrovamento di un incisione sulla picca di una delle guardie sgozzate, che non gli sono chiari. Si rivolge ance a al padre confessore di Rangoni, il quale lancia solo messaggi sibillini per non venire meno alla riservatezza delle confessioni. Per di più una delle persone che potrebbero aiutarlo davvero, Padre Francisco, sembra sparito nel nulla. All’insaputa di tutti, per sfuggire ai Colonna, il padre ha trovato rifugio da Gregorio nel sottosuolo, sotto il nome di Paride. Ognuno dei tredici fidati che vivono e convivono con Gregorio nel sottosuolo ha un nome dantesco, ci sono Paolo e Francesca, Ciacco, Caronte, etc, gente dimenticata da Dio e dal mondo che continua a vivere sotto la protezione di Gregorio. Ma nemmeno nell’ombra del mondo si è al sicuro: qualcuno ha tradito gli altri e i soldati di Colonna irrompono nel sottosuolo. Gregorio, ferito, viene portato dal medico Tobia ed è qui che tutta la squadra di Benvenuto, si rende evidente e utile. Cellini ha capito che mettere lui e Schertlin sullo stesso caso, come due cani sullo stesso osso è stato uno stratagemma per sviare entrambi e decide di collaborare con il colonnello. Cosa non facile, data la diffidenza di entrambi, ma che pian piano ingrana e da i suoi frutti… almeno fin quando Benvenuto non viene arrestato dal Cavalierino con l’accusa di avere sottratto molto oro da quello consegnatogli per coniare le monete carline. Con Benvenuto fuori combattimento, Pisani mette alle calcagna di Mezzocavallo e Muñoz il suo famiglio Bernardino. Gregorio dopo un’altra imboscata, viene catturato e rinchiuso nelle prigioni, bisogna eliminarli tutti. ma le armi a disposizione della banda del Cellini sono molte di più di quelle immaginate dai loro nemici, e la carta migliore è l’appoggio del Cardinale Armellini. Il cammino verso le verità (non una, ma molte) è ancora lungo, ma con l’aiuto di Schertlin, il bandolo della matassa comincia a vedersi.


Un giallo davvero avvincente e per nulla scontato. Non ricordavo benissimo questa parte di storia e l’affresco storico fatto dal De Pascalis è davvero molto bello. Una vicenda oscura ed intrigante in un momento storico molto torbido, dove diversi mali si mescolano ed il bene sembra annaspare alla ricerca di luce. Eccezionale la scelta dei personaggi, assolutamente non di fantasia, a partire dallo stesso Cellini. Immagino ci sia stato un immenso lavoro di studio e ricerca storica dietro questo piccolo gioiello. L’ho apprezzato e consigliato già a parecchie persone, leggetelo, vi conquisterà!

La canzone di Achille

Inizio: 24 novembre 2013
Fine: 9 dicembre 2013 

Nel mio cuore di liceale c’è sempre stato posto per due soli eroi: Ulisse, uomo dal molteplice intelletto ed Ettore, uomo dai sentimenti profondi. Non sopportavo Achille né tanto meno Enea. Ho letto cento volte l’Odissea, ma una sola (obbligata) l’Eneide. Ma questo libro meraviglioso mi ha commosso fino alle lacrime, mito o meno. La scrittrice ha davvero steso un capolavoro quanto ed emozioni. Non è esattamente tutto uguale per filo e per segno, qualcosa è stato modificato qua e là.. ma va bene così. La guerra di Troia è stata lunga e complessa, nemmeno al liceo mi è mai stato facile prendere una posizione: ero coi troiani quando il vecchio Priamo, umilmente, attraversa l’accampamento nemico per chiedere ad Achille il corpo di Ettore, ma ero con i greci quando Ulisse ideava il cavallo; schierata con Cassandra alla quale nessuno credeva, ma ancora con Odisseo quando impiega vent'anni a tornare a casa. Conoscevo bene la storia di Achille, di come fosse stato smascherato a Sciro, del suo amore per Patroclo, della sua furia e del suo dolore, della sua crudeltà nei confronti di Ettore, della sua sete di vendetta. Eppure questo libro mi ha aperto un’altra strada per comprendere e compatire quel semidio dai capelli biondi, tanto amorevole quanto risoluto. Ed ho compreso quanto Patroclo fosse degno di essere accanto all’aristos acheion.

Questo è il libro di Patroclo. Achille e Patroclo, una sola cosa. Fino alla morte. Patroclo è un principe, figlio di Menezio e di una madre assente, dalla mente di una bambina. Da lui il padre si aspetta grandi cose, vuole per lui un futuro degno di un re, lo spinge sempre tre passi avanti, come quando lo manda da Tindaro per chiedere in moglie la bella Elena. Peccato che Patroclo sia poco più di un bambino. E peccato che l’unica cosa che lo colpisca in quella sala sia un ragazzo biondo con gli occhi verdi, bellissimo, già visto alle Olimpiadi, che chiamano “pelide”. Patroclo se ne ritorna a casa senza una sposa ma con quegli occhi verdi nella testa; ancora non sa che il destino ha riservato per lui un posto vicino a quello sconosciuto.  In un momento di frustrazione e rabbia uccide Clitonimo e suo padre lo disereda e lo caccia dal regno, affidandolo a re Pelo, sovrano di Ftia. Peleo è un uomo giusto e generoso che accoglie esuli sotto il suo stendardo e li trasforma in guerrieri riconoscenti. Ma, soprattutto, Peleo è il padre di Achille. Poco a poco Patroclo avvicina Achille quasi sfuggendogli, occhiate furtive, guance infiammate, sfuriate degne di un principe, che Patroclo però non è più. Un’instancabile danza sulle note di una lira che termina quasi per gioco quando Achille lo nomina suo compagno di fronte a tutti, Peleo compreso. Nemmeno la partenza di Achille per il monte Pelio dove andrà ad addestrarsi con Chirone, può fermare Patroclo, deciso a non separarsi da lui. Nemmeno la furia, lo sdegno ed il palese disprezzo di Teti possono nulla contro quel sentimento talmente profondo da sembrare irreale. Nulla può separarli, o quasi. A sedici anni, dopo quattro passati con Chirone, vengono richiamati a palazzo: Agamennone sta reclutando uomini per muovere guerra a Troia. Paride ha offeso Menelao rapendo sua moglie Elena e portandola con sé a Troia. Bisogna andare a riprenderla. Quale migliore persuasore di Odisseo? Achille però non vuole partire, non vuole combattere, vuole diventare un eroe ma non è questa a guerra nella quale vuole distinguersi. Teti lo rapisce e lo porta a Sciro, sottraendolo alle mani tessitrici delle Moire e a Patroclo. Il destino di Achille è solo rimandato, così come l’arrivo di Patroclo a Sciro; il giovane non si è fatto intimidire ed ha costretto Peleo a dirgli dove si rifugia il principe, sotto mentite spoglie. L’idillio dell’incontro dei due dura ben poco, la copertura di Achille viene smascherata da Odisseo e Diomede, che, trovato il principe che espugnerà Troia e ucciderà Ettore, si imbarcano alla volta di Ftia dove i mirmidoni attendono il loro principe comandante. Dopo una sosta per riunirsi ad Agamennone e agli altri greci ad Aulide, veleggiano verso Troia. Achille è venuto a Troia da volontario e, tanto per chiarirlo, lui non è agli ordini di nessuno e, sempre per chiarirlo, senza di lui i greci sono spacciati. La città appare da subito difficile da conquistare e, dopo un primo tentativo diplomatico fallito miseramente, i greci non possono fare altro che razziare le campagne circostanti sperando di indebolire la città (che comunque può contare su moltissimi alleati). Tra i bottini di guerra che ogni sera si spartiscono i greci appare Briseide, una bellissima troiana, che Achille su suggerimento di Patroclo reclama per sé sottraendola all’avido Agamennone. Achille e Patroclo non intendono nemmeno sfiorarla, figuriamoci violarla; pian piano, non senza qualche difficoltà, Patroclo riesce ad instaurare con lei un bellissimo rapporto di fiducia e complicità, di reciproca comprensione ed affetto. La vita all’accampamento non è più tanto militare, oramai sembra un insediamento a tutti gli effetti. Sono passati diversi anni e la situazione non è cambiata: Troia arroccata dentro le sue mura, i greci accampati fuori, Ettore e Paride in bella mostra sulle mura ed Achille che non ha nessun motivo per ucciderlo (ed è l’unico in grado di farlo). Patroclo passa le sue giornate aiutando Macaone (il medico dell’accampamento) sfruttando l’addestramento di Chirone, nonostante tutto è sempre insieme ad Achille, che di giorno combatte e la sera torna da lui. Ettore non è morto e finché Ettore non morirà Achille resterà vivo (come dice la profezia). Ma la maledizione di Apollo si abbatte sull'esercito di Agamennone: egli ha osato appropriarsi di una sua sacerdotessa ed ha negato il riscatto al padre tornato per riprenderla. Agamennone placa l’ira del dio restituendo Criseide, ma sottrae Briseide ad Achille che lo ha messo in ridicolo. Achille, palesemente oltraggiato, privato di ciò che l’esercito ha riconosciuto come suo di diritto, rifiuta da quel giorno di combattere e di far combattere i propri mirmidoni. La situazione drasticamente peggiora: i greci vengono massacrati uno dopo l’altro da Ettore, Sarpedonte e le temibili frecce di Paride. Senza Achille la guerra è persa. Ma la sua hubris gli impedisce di scendere in campo a meno che Agamennone non si scusi in ginocchio davanti a lui. Patroclo, più ragionevole e mosso da sentimenti profondi, disperato, offre ad Achille un’alternativa: si metterà le sue armi, si fingerà lui, non scenderà mai dal carro, non combatterà perché non ne è capace, basterà che gli altri credano che lui sia Achille. I troiani scapperanno terrorizzati e i greci si rianimeranno. Achille accetta, un po’ riluttante al pensiero che il suo amato Patroclo si ritrovi in battaglia, ma sul suo carro è intoccabile, circondato da mirmidoni, è al sicuro. Patroclo ha coraggio, riesce perfino ad uccidere Sarpedonte, ma poi, l’eccitazione della battaglia lo porta a sfidare Apollo in persona ed Apollo, decide di premiare l’uomo che da sempre lo prega e fa sacrifici in suo onore: Ettore.

Non svelerò una fine che tutti conosciamo fin troppo bene, non la svelerò perché la parte finale di questo libro è da capogiro, un vortice che trascina il lettore da una pagina all'altra, da un sentimento all'altro, dalla disperazione alla rabbia cieca. Tutto il libro è intessuto di dialoghi (verbali e non) tra Patroclo ed Achille, sulla loro necessità di confrontarsi, scontrarsi e amarsi. Sulla capacità di essere uno lo specchio dell’altro, uno il punto di riferimento dell’altro, fino alla morte. Achille è un semidio capace di amare con una dedizione ed una concretezza degni del migliore essere umano, Patroclo è un mortale fatto e finito, con la capacità di fare brillare Achille come non mai, con un coraggio ed una determinazione sorprendentemente saldi, perché nati dall'amore. Ostacolati dagli uomini, ostacolati dagli dei, ostacolati della vita e dalle Moire che hanno tessuto per loro maglie uguali eppur diverse, Achille e Patroclo rimarranno una cosa sola, ceneri di uno tra le ceneri dell’altro.


giovedì 24 ottobre 2013

Assassin's Creed - Rinascimento

Inizio: 21 ottobre 2013
Fine: 23 ottobre 2013

Spesso da romanzi o storie vere sono tratti interessanti videogames; questa volta è stato fatto il contrario. Oliver Bowden, alias Anton Gill (esperto in storia del Rinascimento italiano) ha scritto una versione romanzata basata sul famosissimo videogames Assassin’s Creed. Nulla di più inconsistente! Mi spiego meglio: un videogioco ha una trama, uno scopo, un racconto che fa da filo rosso, ma fondamentalmente è legato ad una cosa sola: superare i vari livelli. Non esiste una strada alternativa: se non uccidi loro, loro uccideranno te … e game over, si ricomincia da dove hai salvato l’ultima volta. Un libro è una cosa decisamente molto più complessa, e ahimè, Gill ha toppato in pieno. Affascinata da sempre da giochi come Assassin’s Creed ho fatto l’errore di aspettarmi troppo da questo libro; sicuramente tutta la ricostruzione storica e la trama in sé sono apprezzabili, ma punto. Non c’è altro. È irritabilmente inverosimile che Ezio Auditore non commetta mai un errore, sempre tutto liscio come l’olio (per forza, se no ogni tre pagine ci sarebbe scritto game over). Ma andiamo con  ordine…

Firenze. Anno del Signore 1476. La vita del giovane Ezio Auditore sta per cambiare drasticamente. Figlio di mezzo di un ricco banchiere fiorentino, Ezio passa le sue giornate dando la caccia a Vieri de Pazzi, con il quale ha una rivalità in amore ed anche in politica. Sotto lo sguardo vigile di Federico, il fratello maggiore, esce indenne dall'ennesima zuffa. L’inimicizia tra i Pazzi e gli Auditore è cosa nota, ma Vieri, Jacopo e Francesco non sono che pedine su una scacchiera molto più grande. La famiglia Auditore (e soprattutto il padre Giovanni) rappresenta una minaccia per il cardinale Rodrigo Borgia e per tutto ciò che gli nasconde. Con l’improvvisa partenza di Lorenzo de Medici (protettore degli Auditore) la situazione precipita e gli Auditore vengono prelevati da casa loro, trascinati in un finto processo e condannati a morte davanti agli occhi di Ezio (unico maschio salvatosi) e di tutta Firenze. Con l’aiuto di Leonardo (si si il Da vinci!!) costruisce alcune strane armi rinvenute in una vecchia cassa del padre assieme ad uno strano codice, che sembra interessare molto il genio fiorentino. Armato e reso invisibile ai più, comincia così la fuga di Ezio e la sua vendetta contro coloro che sono stati artefici dell’esecuzione della sua famiglia. Dopo aver portato la sorella e la madre da Mario, lo zio paterno, si addestra con lui imparando a destreggiarsi con le armi. Ezio crede di vendicarsi delle ingiustizie subite, ma ben presto si renderà conto che in realtà ciò che lo aspetta è legato ad un progetto molto più grande: egli è un Assassino, come sue padre e come lo zio, e dovrà combattere contro i Templari, capitanati dal perfido cardinale Rodrigo Borgia. Alla politica di Firenze, alla lotto tra banchieri e mercanti si aggiunge una ragione oscura e potente che ha messo mano alla morte dei suoi famigliari. Qualcosa per la quale Ezio dovrà sacrificare la propria vita, un Credo al quale votarsi senza riserve. Al fianco dello zio, e di altri in seguito, l’Assassino uccide uno dopo l’altro tutti coloro che egli ha dichiarato nemici del padre e traditori. Non solo a Firenze, Monteriggioni e San Gimignano, ma anche a Venezia, dove ritrova l’amico Leonardo, il quale, sempre disponibile a sbirciare sulle carte del Codice, lo aiuta a costruire nuove armi e a comprendere il messaggio segreto celato nelle pagine del Codice. Ezio trova sulla sua strada nuovi amici come Antonio, Teodora, un giovanissimo Machiavelli e la bella quanto impetuosa Caterina Sforza. Ma proprio quando Ezio crede di essere entrato in possesso di uno dei meccanismi che servono ad aprire la camera segreta celata dal Codice, il prezioso tesoro viene nuovamente sottratto ed Ezio deve tornare nella sua Firenze per recuperarla. La mela è nelle mani di Savonarola, che comanda indisturbato Firenze dalla morte di Lorenzo e dalla fuga del figlio Piero, osteggiando apertamente il nuovo papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia). Ma Savonarola non è un templare, sottovaluta l’oggetto e lo utilizza solo per terrorizzare con le sue previsioni apocalittiche i fiorentini. Alessandro VI, già in possesso dell’altra chiave, invece, vuole entrarne in possesso per poter accedere al potere della Camera. Impossessatosi nuovamente della Mela, Ezio parte per l’ultimo scontro, quello in Vaticano con il Maestro dei Templari in persona. Ma cosa cela veramente quella camera? Quale sarà l’epilogo di tutta la storia?


Non vi racconto tutto perché rovinerei la festa sia i lettori che a chiunque voglia giocare ad Assassin’s Creed. Intendiamoci, è un libro piacevole da leggere, anche se il finale è assurdo (davvero assurdo) ma decisamente non lo definirei bello… più che altro scorrevole. Si fa leggere in un pomeriggio, senza troppe pretese e sicuramente il videogioco è molto più entusiasmante. Non so ancora se leggerò il seguito, ma in ogni caso non credo che il risultato sarà diverso…

martedì 10 settembre 2013

Il fantasma di Canterville

Inizio: 5 settembre 2013
Fine: 10 settembre 2013

Mah … che dire. Anche se sono molto tentata non voglio definire insulso questo libricino, per rispetto nei confronti di un autore da molti riconosciuto come geniale. Tuttavia io non ho mai amato Oscar Wilde, tantomeno i suoi scritti. Ho letto poco, The importance of being Ernest e The Picture of Dorian Gray… e con tutto il rispetto, quel poco mi ha fatto desistere dal leggere altro. Wilde non mi piace. E non mi piacciono gli esteti. L’unico aspetto di lui che mi ha sempre colpito e suscitato rispetto è stata la sua capacità di mostrarsi agli altri per quello che era, andando incontro al carcere pur di non rinnegare la sua omosessualità. Il che, per uno come lui, non era cosa da poco: povertà, sofferenza, miseria e scherno, cose alle quali non era abituato. Considerato poi il contesto in cui viveva, chapeau due volte, lodiamone il coraggio. Detto ciò, visto che da liceale non avevo lo avevo amato, con 13 anni in più sulle spalle ho deciso di riprovarci. Non ho scelto proprio un’opera particolarmente significativa, ma è pur sempre qualcosa di suo. Giusto perché una seconda opportunità non si nega a nessuno. Avendo letto un’opera teatrale ed un romanzo… adesso mi accingo a leggerne una di prosa. Questo libro contiene tre storie del mistero/dell’orrore delle quali sintetizzerò la trama per chi non le conoscesse. Oddio definirle del mistero e dell’orrore mi sembra esagerato, considerato che è lo stesso secolo di Edgar Allan Poe (1809-1849) il quale scrive prima di Wilde e decisamente meglio, ma la critica alla fine le definisce così.

Il fantasma di Canterville – una famiglia di americani compra il castello di Canterville, famoso per il fantasma che da tre secoli fa fuggire ed impazzire chiunque ci viva. Ma il ministro Otis e la sua famiglia sembrano averla presa con estrema filosofia ed il povero Sir Simon Canterville, oltre che infuriato è tremendamente avvilito. Questi americani non si spaventano. Anzi, si fanno beffe di lui. In particolare i gemelli che continuamente gli giocano brutti scherzi. Solo Virginia, la figlia quindicenne, ha pena per lui e decide di aiutarlo…

Il principe felice – è la storia molto triste di un principe felice (ma infelice nella realtà) e di una rondinella pronta a sacrificare la sua vita in nome dell’amore. Il principe è una statua d’oro con il cuore di piombo, due zaffiri al osto degli occhi e un rubino ad ornare l’elsa della sua spada; la rondine, in ritardo rispetto alle compagne, si affretta a tornare in Egitto, per passare l’inverno, poiché ormai in città comincia a far freddo. Ma il loro incontro fortuito li renderà inseparabili fino alla morte.

Il pescatore e la sua anima – un pescatore cattura nella sua rete una sirena bellissima, la lascia libera purché lei canti per lui ogni volta che lui la chiamerà. Passano i giorni ed il pescatore si innamora di lei a tal punto da voler rinunciare a tutto per raggiungerla sul fondo dell’oceano. Il prezzo da pagare però è decisamente alto: deve rinunciare alla sua anima. E così, trovato il modo se ne libera, nonostante la sua Anima non vorrebbe. Non vorrebbe andarsene senza il cuore, perlomeno, ma il pescatore non glielo da poiché serve a lui per amare la sua sirena. Ogni anno la poverina torna sulla rupe dove si sono separati e lo chiama. Gli offre Saggezza e Ricchezza, che il pescatore rifiuta. Solo il terzo anno, con la promessa di incontrare una danzatrice, lo convince a ricongiungersi con lui. Ma lungo la strada l’Anima senza cuore lo costringe ad azioni malvagie…


Ok, forse non ho scelto l’opera migliore per dare una seconda chance ad Oscar. Ne prendo atto e cercherò qualcos’altro. Tuttavia non riesco proprio a farmi piacere il suo modo di scrivere e tantomeno quello che scrive. Cerco anche di pensare che dovrei calarmi nel contesto storico… ma proprio non ci riesco. Non che questi piccoli racconti siano insulsi, è evidente che Wilde mette tra le righe interessanti riflessioni e comunica la propria idea di Amore e morte. Ma a me questo non basta. Non riesco a vedere molto di più di tre semplici racconti. La prossima volta mi accosterò al De Profundis (una lettera), magari riuscirò a ricavarne qualcosa di più. 

Cose da salvare in caso di incendio

Inizio: 9 settembre 2013
Fine: 10 settembre 2013

Questa  la storia di due bambini di dieci anni, Vaclav e Lena, e di una grande passione: la magia. Figli entrambi di emigrati russi vivono a un isolato di distanza e sono grandissimi amici da quando avevano cinque anni. Vaclav vive con i genitori: Rasia, la mamma, sempre preoccupata per il figlio che cerca di tenere lontano da quanto di brutto e crudele esista a New York e Oleg, il padre, un affermato architetto in madre patria, ma ora, ridotto a fare il tassista e quasi sempre in preda ai fumi della vodka; tutto sommato a Vaclav va ancora piuttosto bene: la piccola Lena vive sola con una zia abbastanza fatiscente, Ekaterina, che non si preoccupa minimamente della nipote e ha una professione e delle abitudini… discutibili. La lascia a se stessa e la considera un peso; vorrebbe non averla tra i piedi e la sua amicizia con Vaclav almeno la tiene lontana da casa durante il giorno. Così i due bambini passano moltissimo temo insieme e condividono una grande passione: la magia. Vaclav è il mago e vorrebbe ripercorrere modestamente le orme del grande David Copperfield e dell’ancora più grande Houdini, Lena è la meravigliosa, stupenda ed insostituibile assistente. Vaclav sta cercando in tutti i modi di organizzare uno spettacolo con o senza il permesso dei genitori a Coney Island, laddove cominciò il grande Houdini. Ma proprio mentre fervono i preparativi, Lena sembra cambiare di colpo: lo ignora, ha fatto amicizia con altre bambine della scuola e si vergogna a farsi vedere con lui (e chissà se vuole ancora sposarlo una volta diventati grandi). Loro sono stati sempre i bambini dell’inglese per stranieri, gli immigrati che mangiano cose puzzolenti e da sempre vengono isolati dagli altri perché considerati strani, ma adesso Lena sembra essere entrata in una nuova dimensione nella quale si sente accettata. Anche se Vaclav non vuole prestare attenzione a questi strani atteggiamenti, Rasia non può farne a meno: Lena, che spesso si ferma da loro per cena, prima è stata male e ora si abbuffa, spazza qualcosa ci sia nel piatto, ma, nonostante questo, resta estremamente magra e pallida. Le ha sempre fatto una gran tenerezza fin dal giorno che Ekaterina l’aveva accompagnata a casa sua consegnandola come se fosse un piccolo pacco. Yelena, una bambina taciturna e timida, indifesa davanti al mondo che tanto preoccupava Rasia. Così come ogni volta la riaccompagna a casa, la mette a letto (un materasso sul pavimento), la copre e poi le racconta una storia aspettando che Lena sia addormenti. Ma il giorno dopo la piccola non si presenta a scuola, così Rasia, la sera stessa va a controllare. La situazione ha raggiunto il limite. Decide di andare alla polizia e metterla al corrente delle condizioni di abbandono in cui vive la piccola; il risultato è che Lena viene prelevata e mandata in un luogo sconosciuto e protetto, in modo che sia al sicuro. Il giorno seguente Rasia porta Vaclav al Sideshow, dove lui avrebbe dovuto esibirsi con la sua incantevole assistente ed una volta tornati a casa lo mette al corrente. Lui reagisce disperato: come farà a ritrovare la sua amica? Loro non sono famigliari e non accesso alle informazioni; bel guaio ha combinato sua madre, ha fatto sparire la sua futura moglie!

Vaclav ora ha diciassette anni, è alto un metro e ottanta ed è affascinante. Ha una fidanzata, Ryan, la tipica americana che non entusiasma Rasia, ma che lui adora. La magia è ovviamente cresciuta con lui ed ora si esercita con l’appoggio della ragazza. Eppure in tutti questi anni, sette, lui non ha mai dimenticato Lena (e nemmeno sua madre anche se dice il contrario); ogni sera augura la buona notte a quella bambina che oramai ha diciassette anni come lui. Ma una sera, nel giorno del compleanno di Yelena, decide di interrompere questo augurio, sperando che non comporti nulla di grave.

Lena è a scuola. Chiusa nel bagno. Nel giorno del suo diciassettesimo compleanno. Ha già ricevuto molti regali eppure è triste; è sveglia, intelligente, ha molti hobby, ma, nonostante questo, si sente vuota. È stata adottata a nove anni e conduce una vita normalissima, ma non riesce a dimenticare che non sa nulla di sé, dei suoi genitori, della sua nascita. Ripensa tristemente alla sua infanzia, prima con una nonna che non era sua nonna, poi con Anna nella casa famiglia felice e serena con altri bambini, all’improvviso proiettata nella vita della vera zia che comunque non la voleva, e infine tra le braccia di Emily, sua madre adottiva. E poi Vaclav. Lei non lo ha dimenticato. Lo tiene stretto dentro di sé. Ed è arrivato il momento di chiamarlo.


Non vi dico altro. Ma leggetelo, ne vale la pena. Mi aveva incuriosito il titolo ma non avevo idea di cosa avrei trovato. Invece è una bellissima storia, raccontata molto bene anche se parte un po’ in sordina. Può sembrare banale all’inizio, ma non lo è. Ci sono dei risvolti inaspettati ed una profondità che non si coglie fin quasi all’ultima pagina. A tratti una favola a tratti commovente, sono sicura che leggerete questo romanzo tutto d’un fiato.

lunedì 9 settembre 2013

L'ultima riga delle favole

Inizio: 6 settembre 2013
Fine: 9 settembre 2023

Tomàs è un uomo che non crede più nell’amore già da un pezzo, cerca di attrarre a sé le donne e poi irrimediabilmente fugge. Starnuta ogni volta che l’amore è nell’aria, sembra quasi che vi sia allergico. Disilluso, rassegnato e sconsolato non riesce comunque a resistere ad Arianna, conosciuta durante un conferenza intitolata Il peggiore dei mondi possibili. Ma quando lei lo scarica, dando forfait al loro appuntamento, Tomàs crolla definitivamente. Si rifugia sulla spiaggia, dove per scappare ad un’aggressione (o presunta tale), per poco non affoga e davanti alla morte ecco nuovamente il pensiero di lei, Arianna. Al suo risveglio Tomàs scopre di non essere morto né tantomeno ricoverato all’ospedale, ma finito non si sa come in quello che chiamano le Terme dell’Anima. Stella Maris, l’avvenente ragazza che lo ha accolto, gli spiega che è stato proprio lui ad esprimere il desiderio di essere curato. La sua anima è ridotta in uno stato pietoso e dovrà fare un grande lavoro su se stesso per rimetterla in sesto. Nemmeno l’incontro con il medico, che come tutti pare leggergli nel pensiero e conoscere ogni aspetto della sua vita, calma la sua ansia crescente. Tomàs non crede ad una sola parola di quanto sentito: è convinto di essere stato rapito da una setta di psicopatici, ma per lui non sembra esservi via di scampo. Dovrà lavorare sulla sua capacità di lasciarsi andare ai sentimenti, sulla sua paura di cedere a qualcosa di effimero che lo farà solo soffrire, sulla determinazione necessaria per raggiungere uno scopo e non meno importante, sul suo talento. Sempre più stordito da prove uscite da un libro a metà tra la fiaba e il torneo medievale, Tomàs scopre di non essere il solo in quella gabbia di matti. Ci sono Polvere un uomo di mezza età che vive solo in una baracca sull’oceano riparando tavole da surf e Morena, una diva del cinema strappata alla povertà da un benefattore cieco, l’unica persona di cui lei si sia mai fidata. Entrambi sono stati disillusi dalla vita e dall’amore e sono ridotti in condizioni altrettanto pietose. Tomàs comincia a prendere il suo soggiorno alle terme con filosofia, collaborando e sperando di uscirne sano e salvo il prima possibile. Morena è decisamente un buon sostegno, non proprio sta grande simpatia, ma sicuramente meglio del cinico Polvere, che si è trincerato dietro la non volontà di seguire gli insegnamenti del tempio. Buffe figure sia aggirano per le terme: un’insegnante di ginnastica dalla voce metallica che obbliga Tomàs a correre su un tappeto per lanciare il suo desiderio nell’universo; una massaggiatrice di anime che toccando le tempie stimola visioni della vita di ognuno; Andrea, il Cantastorie androgino a forma di anfora, che rac-canta a ritmo di Bocca di Rosa delle storie per rendere consapevoli Tomàs e gli altri di cosa sia realmente l’amore; Noah, una specie di sacerdote saggio che parla solo ed esclusivamente per frasi fatte e aiuta il protagonista a scoprire quale sia realmente il suo talento. E poi infinite vasche e tisane… vasche per uscire dall’Io ed entrare nel Noi, vasche per affrontare paure che hanno condizionato la vita di Tomas (e degli altri), vasche che mostrano universi paralleli, situazioni diverse a seguito di scelte diverse, vasche ricolme di ricordi dolorosi. Tomàs dovrà nuovamente affrontare la morte della madre e il disinteresse del padre, la sua via da orfano con zia Tristina, la sua paura d’amare arriva da lì. Da ciò che ha amato e ha perso da un giorno all’altro. Tisane che infondono coraggio, altre che infondono il sapere, altre ancora che semplicemente rilassano… una vera e propria spa dell’anima, come d’altronde reca il cartello d’entrata. Ora bisogna vedere se Tomàs riuscirà a portare a termine il suo viaggio… a ricongiungersi ed amare finalmente la sua anima, perché solo attraverso questo potrà arrivare alla sua Anima Gemella (che forse si chiama Arianna).


Non è facile questo viaggio attraverso se stessi e tutti ci sentiamo un po’ Tomàs… vasche a parte ho provato davvero a mettere in pratica ciò che viene consigliato e devo dire che, forse, questo libro è terapeutico. Ad ogni frase senti davvero che qualcosa si scioglie dentro di te. Questo romanzo è una citazione vivente ed alcune frasi lasciano davvero senza parole. E poi, anche se non ho ancora capito come, infonde gioia. Una vera e profonda gioia. Gramellini ha capito come si arriva al cuore delle persone. O per lo meno ha capito perfettamente come arrivare al mio.

venerdì 6 settembre 2013

I baci non sono mai troppi

Inizio: 12 marzo 2013
Fine: 6 settembre 2013

Un aeroporto, due amiche e tanta acqua passata sotto i ponti. Comincia così questo libro, quando il destino ha fatto rincontrare Eva e Lucia. La loro amicizia, iniziata da bambine, si è bruscamente interrotta anni prima per qualcosa di … rilevante. Ed ora eccole lì, l’una davanti all’altra visibilmente emozionate, a darsi un appuntamento. La bionda e la mora, il sole e la luna, due contrapposizioni viventi, perché loro due non potrebbero essere più diverse. Eva è bionda, bellissima (con tanto di carriera da attrice), dolce e sensibile, alle volte un po’ ingenua, tutta amore e gentilezza; la sua vita è la sua famiglia, fortemente voluta e per la quale ha rinunciato al suo lavoro, suo marito Raul e sua figlia Lola. Lucia è mora, bella e forte. L’infanzia l’ha segnata con la prematura scomparsa della madre e lei, spirito libero, da allora cerca di rimanere indipendente. Donna in carriera, sempre super impegnata e iperattiva, è riuscita a mandare a rotoli perfino la sua storia con Jorge: lui voleva dei figli, lei no. Eppure nella loro diversità queste due bambine, per tanti anni sono state inseparabili. Dopo la morte della madre di Lucia, Eva e la sua famiglia presero l’abitudine di tenerla presso la loro casa per gran parte della giornata, fino quasi ad adottarla, aiutando sua padre Julian a riprendersi e lei a sorridere. Fino ad un giorno, nel quale, qualcosa si è rotto. L’autrice è molto brava a far trapelare solo minimi indizi sulla causa della rottura, senza svelare anzitempo il mistero del loro allontanamento. Solo che nel far questo a Martos viaggia avanti e indietro nel tempo (presente compreso) per darci sprazzi di giornate, di conversazioni, istanti rubati ad un parco di Eva e Lucia bambine. I loro litigi da adolescenti, la formazione pian piano della loro personalità attraverso il confronto con Ana, la sorella di Eva. Poi le superiori, loro due sempre assieme, Lucia infastidita da un certo Ivan ed Eva innamorata di un certo Miguel (che diventerà poi il suo ragazzo).  La Martos dissemina per tutto il libro i ricordi di questi anni, di Oscar e Fernando, della neonata relazione tra Eva e Raul. Saltando di anno in anno, avanti e indietro nel tempo, però, il quadro complessivo ne risente un po’ e il lettore, spesso, si sente confuso. Almeno per quanto riguarda l’ordine cronologico del passato; il presente è chiarissimo. Lucia è sola, Jorge l’ha lasciata e lei si è buttato anima e corpo nel lavoro; Eva invece ha deciso di lasciare il marito, una soluzione estrema che mai avrebbe pensato di usare. Ma poco dopo la loro separazione, Raul improvvisamente muore in un incidente ed Eva si ritrova realmente senza un marito e Lola senza un padre. Meno male che a fare da spalla al suo dolore c’è Lucia, non poteva esserci compagna e sostegno migliore. Anche per la piccola Lola con la quale zia Lucia ha legato stretto, neanche fosse la madre. Ha legato talmente stretto da volere diventare madre prima che il suo orologio biologico smetta di essere dalla sua parte. Non moglie, solo madre. E così Jorge rispunta nella sua vita per essere padre, non marito, solo padre. Eva nel frattempo comincia a vedere un certo Javier, che però appare e scompare a suo piacimento. Per fortuna che si è rimessa a lavorare, per distrarsi, ed ha conosciuto Victor, uno degli allievi di un’azienda ai quali insegna comunicazione. Eppure dietro l’angolo c’è la malattia di Eva, che riunisce tutte le donne della famiglia come un branco di leonesse, per non sentirsi sole e non far sentire le altre sole. Ma poi la vita deve avere la meglio sulla sofferenza. Bisogna andare avanti. Almeno bisogna provarci. Con le persone importanti accanto.

Nonostante io mi senta in tutto e per tutto come Eva, ci sono lati di Lucia che mi appartengono altrettanto. Questo libro, narrato a due voci, quello delle protagoniste alternativamente, ha qualcosa di magico. All’inizio non lo si percepisce così chiaramente, si è come sospesi; forse anche la scelta di ricorre a dei non-luoghi come gli aeroporti di Madrid e Barcellona, in qualche modo, segna i passaggi di vita, fa saltare il lettore da una dimensione all’altra senza nemmeno accorgersene. Dolce e commovente, raccontato con una forza spaventosa, trasmette la semplicità che tutti dovremmo imparare a non perdere mai, a desiderare sempre.


Ho lasciato questo libro fermo dei mesi, parcheggiato sul mio comodino. Ci sono momenti nei quali la realtà non mi permette più di leggere e devo per forza smettere. Ma voi, se potete, leggetelo tutto d'un fiato.

High & Dry - Primo Amore

Inizio: 25 luglio 2013
Fine: 5 settembre 2013

Alla faccia della quarta di copertina che presupponeva qualcosa di magico!!! …. non solo non l’ho trovato, ma in questo libro ho visto una strana Banana Yoshimoto. Molto più leggera e meno profonda che in altri libri. Non so perché ma nella mia testa questo libro aveva preso forma in maniera totalmente diversa. Infatti ad un certo punto, quasi delusa dall'andamento, l'ho abbandonato sul comodino, come per punirlo di non aver atteso alle mie aspettative... ma oggi, quella copertina gialla mi ha chiamato ed io ho risposto.

Yuko Iizuka è una ragazza di quattordici anni, con una grande passione per il disegno. Frequenta un corso diretto dall’insegnante Hisakura (per tutti Kyu). Vive con la madre, con la quale quotidianamente mangia quinti di gelato, questo è il loro momento di felicità. I suoi genitori non sono separati, ma il padre, sempre in viaggio per affari, non è mai a casa. Nonostante quest’assenza pesante, la sua vita scorre felice e senza grandi pensieri, fino a quando, un giorno, si rende conto di vedere e sentire cose che tutte le altre persone non avvertono. La cosa la turba, ma allo stesso tempo è felice quando le capita qualche visione inaspettata. Non sa con chi condividere questo segreto fino a quando, un giorno, sia accorge che il suo maestro sta guardando proprio quello che sta guardando lei, fuori dalla finestra dell’aula. Solo loro due, perché ovviamente nessuno si è accorto di nulla. Yuko finalmente può condividere quella stranezza con qualcuno; vorrebbe invitare fuori Kyu, frequentarlo, per parlare di tutto ciò che accade loro. Trova il coraggio, ma il suo insegnante, ligio al dovere, le dice che la loro frequentazione non sarebbe opportuna, vigendo il serio rapporto allieva-maestro. Così Yuko, di punto in bianco, abbandona colori e matite e si ritira dalla scuola, pronta a qualsiasi sacrificio pur di frequentare quell’uomo al quale tanto si sente affine e legata. Ovviamente non tarda molto prima che la madre si accorga dei cambiamenti della figlia e venga a scoprire dei suoi incontri con il maestro, al quale pone una serie di domande in merito e, messe le cose in chiaro, non pare ostacolare più di tanto la loro frequentazione. Certo, non è cosa di tutti i giorni assecondare una figlia adolescente a fidanzarsi con il suo insegnate, tuttavia sua madre si fida di lei. Non si può negare che quei due abbiano molto in comune, a partire dal loro rapporto con la famiglia, passando per la sindrome dell’abbandono. Nonostante le sue buone e caste intenzioni, per la piccola Yuko le cose si complicano. Nonostante non voglia fare passi affrettati,  Kyu le piace veramente. Ed in qualche modo è gelosa ed affascinata dalle due donne che aleggiano nella sua vita, Miho innamorata e non ricambiata, pronta a passare la sua vita amandolo in silenzio e Hotsumi, amata e che non ricambia, che lo ha lasciato perché non poteva sopportare la quieta ma ingombrante presenza di Miho. Dopo averle conosciute entrambe alla mostra personale di Kyu (che è uno scultore) ovviamente decide di affrontare l’argomento con lui; quasi buffo questo dialogo tra lei, quattordicenne e lui, con il doppio dei suoi anni, tanto imbarazzato quanto onesto. Kyu, già stanco di alcuni meccanismi che la piccola Yuko deve ancora scoprire. Eppure tra di loro, tra gelosie e serietà, stranamente ingrana; ingrana al punto tale che Kyu porta Yuko a conoscere sua madre con il pretesto di regalarle una delle sue opere. Questo piccolo viaggio avrà per tutti e tre un sapore speciale e indimenticabile.


Se c’è un tema che ricorre in questo romanzo è sicuramente quello della famiglia, ed in particolare il rapporto genitori-figli e tra padre e madre (in quanto marito e moglie), con tanto di deviazioni pericolose, come abbandoni, gelosie, senso di inadeguatezza e rancore. La famiglia è declinata in tutte le sue sfumature. Al rapporto di Yuko e Kyu in realtà si da spazio, ma uno spazio marginale, secondario; non è il primo amore di Yuko a farla da padrona. È la crescita di entrambi, la capacità di affrontare fantasmi del passato che incombono sul presente. Non si parla più né di magia né d’altro di simile, quello era solo il pretesto per far incontrare due anime e fonderle. Perché alla fine, nonostante la loro differenza d’età, si avvicinano l’uno all’altra fino quasi a confondersi.

giovedì 5 settembre 2013

Hunger Games - Il Canto della Rivolta

Inizio: 29 agosto 2013
Fine: 2 settembre 2013

Ragazzi che mazzata. Nemmeno il tempo di rimettere la copertina al secondo libro e già avevo svolto il terzo, giusto per farvi capire quanto questa donna è capace di tenermi incollata alle sue pagine. E mi ci ha tenuto fino a notte fonda. Ho dovuto leggerlo tutto d’un fiato. Oddio, d’un fiato no, perché leggendo alcuni passaggi mi mancava l’aria, ho dovuto fermarmi. Fermarmi a respirare, perché, pur essendo entusiasta della saga, devo ammettere che questo libro ha un sapore diverso rispetto agli altri. Se avesse un colore sarebbe il grigio, piombo. Se avesse un odore sarebbe quello della muffa, che si attacca in gola. 

Katniss, Johanna, Beetee e Finnick sono stati salvati dall’arena. Proprio quando Katniss, aggredita da Johanna, pensava di essere spacciata ed il suo obiettivo, mantenere Peeta in vita, completamente fallito. Ed il suo risveglio, in una stanza d’ospedale del Distretto 13 è decisamente peggiore dell’Arena. Il Distretto 12 non esiste più, completamente raso al suolo dalle forze di Capital City per ordine di Snow. Qualcuno si è salvato, grazie alla prontezza di spirito di Gale; la famiglia del ragazzo e quella di Katniss sono state tratte in salvo dai ribelli del Distretto 13 (tra i quali lo stratega Plutarch, vecchia conoscenza), ma molti altri sono morti. Come l’intera famiglia di Peeta. Giusto, Peeta, lui dov’è? Non è stato tratto in salvo ed è stato preso da quelli di Capital City. Katniss stenta a credere che Haymitch lo abbia abbandonato così dopo aver promesso che avrebbe fatto il possibile per tenerlo in vita; ma lei ancora non sa che una forza più grande gioca con le loro vite. Una forza chiamata Coin. Katniss è stata scelta per personificare la rivolta contro Capital City, la Ghiandaia Imitatrice sarà il volto e la voce di tutti i ribelli. Mentre lei ancora si dispera per Peeta, il suo staff, rapito dalla capitale, è pronto per farne la star di cui la rivolta ha bisogno ed una troupe televisiva è già indaffarata pronta a girare. Solo Finnick sembra comprendere il suo dolore e condividere il suo stesso sdegno per essere letteralmente usati come pedine. Quando ormai Katniss ha perso ogni speranza che Peeta sia vivo, lui comincia ad apparire nelle televisioni rilasciando interviste: sofferente, magro e soprattutto orchestrato a dovere. La Ghiandaia ricatta la Coin per riavere Peeta, ma non è preparata a quello che si trova davanti: il ragazzo non è più lui. La odia, vede il male in lei, la vuole uccidere, eppure si è fatto quasi ammazzare per avvertire il Distretto 13 di un’imminente bombardamento. Qualcosa di lui deve esser pur rimasto. Attraverso incursioni più o meno fittizie nei vari Distretti, la rivolta va avanti. Incalzata anche dai pass-pro mandati in onda illegalmente da Beetee. Ora bisogna prendere Capital City e soprattutto Snow. Katniss ignora il prezzo che avrà tutto questo, lo immagina, ma non sa realmente quello che le aspetta. Solo più tardi si renderà conto davvero quale scia di sangue sia stata necessaria per arrivare a Snow. Sangue della sua stessa famiglia e dei suoi amici. Sangue di innocenti e di passanti ignari.


La fine di questo libro (e della saga) è tutt’altro che scontata. Ci si arriva un passo alla volta, in un’atmosfera claustrofobica e maniacale, quasi paranoica. La spietatezza del sistema non è filtrata dalla Collins come nei libri precedenti, ma arriva dritta come un destro ben piazzato. E stordisce, il lettore come i protagonisti. È crudo, feroce e incalzante. Ho letto molte recensioni nelle quali si criticava la figura di Katniss, così come la Collins l’ha voluta in questo ultimo capitolo. A me personalmente è piaciuta moltissimo, estremamente umana, nel senso alto del termine, nel senso di essere umano con tanto di punti deboli e crolli. Ho apprezzato molto l’evoluzione del personaggio e la capacità di coinvolgere il lettore fino all’ultima pagina. So che stiamo parlando di un fantasy, ma riesce a commuovere davvero in certi passaggi. In altri, smetti semplicemente di respirare. Libri come questo mi fanno realmente capire quale potente forza abbiano le parole.

Educazione Siberiana

Inizio: 2 settembre 2013
Fine: 5 settembre 2013

Decisamente incuriosita dalla controversia che caratterizza questo libro, l’ho comprato. Di solito cerco di farmi un’idea personale, tutta mia, di libri ed autori, a prescindere dalle convinzioni (più o meno condivise) generali. Non ho guardato la trasposizione cinematografica per via della prima regola ferrea di Ileen Elayne: prima si leggono i libri dopo si guardano (eventualmente) i film. Tornando ad Educazione Siberiana…

Devo dire che, nonostante il tema ostico, è tremendamente scorrevole ed interessante. Tanti complimenti a Nicolai se l’italiano è tutta farina del suo sacco. Mi spiego meglio: il lessico potrebbe essere più preciso, così come le strutture grammaticali, nonostante tutto il linguaggio, nel senso di “potere comunicativo delle parole”, è eccezionale.  Sul fatto che poi tutto sia vero… sinceramente non saprei. Non è tanto il fatto che le situazioni siano inverosimili, ho letto documenti storici decisamente peggiori, ma mi rende perplessa il rifiuto di Nicolai di tradurre il suo libro in russo. L’autore, dal canto suo, giustifica questa scelta fondandola sul rispetto degli Urca; io, dal canto mio, credo che gli Urca possano accedere comodamente alle versioni in inglese o francese qualora volessero… quindi…

molti credono che la sua autobiografia sia inventata di sana pianta ed il suo rifiutare la scorta fa pensare che non abbia proprio nulla da temere. Tuttavia non ho abbastanza elementi per decidere se fare di lui un furbo o un uomo con tanto di quel pelo sullo stomaco, che la metà basterebbe. Quello che posso dirvi è che questo autore, se non racconta la sua biografia, ha creato una gran bella autobiografia fittizia e quindi, i miei complimenti comunque. La storia narra della sua vita, dall'infanzia. Si ripercorrono le abitudini della vita tradizionale criminale degli Urca, dalla quale la famiglia di Nicolai “Kolima” Lilin discende e della quale lui è parte integrante. Ambientata in Transnistria (una zona indipendente ma mai riconosciuta come tale, disputata da Russia e Moldavia) la sua infanzia da educando siberiano passa spensierata tra risse, arresti, armi, retate, lotte contro a polizia e “nonni” che seguono la sua educazione. Niente di particolarmente cruento come si potrebbe immaginare, ma molto codificato. Nicolai impiega pagine su pagine per spiegare dettagliatamente il pensiero degli Urca, la loro concezione di rispetto degli altri e il loro disgusto per la violenza (gratuita oppure non giustificata). Spiega in modo interessante la loro concezione di religione, lo stretto legame con le icone e con le armi e il rifiuto della cultura americana. Dedica un capitolo intero ai tatuaggi: non semplici disegni simbolici, ma veri e propri libri “sofferti”, per usare le sue parole, dai criminali. Questi intricati disegni racchiudono tutta la loro biografia, secondo regole ben precise e riti quasi al limite del fanatismo religioso. Certo, bisogna essere in grado di leggerli e per farlo bisogna essere dei kol’sik (tatuatori… ma nel senso alto del termine, quasi fossero cerimonieri o sacerdoti). Questo è il lavoro che Nicolai ha scelto di imparare da nonno Lesa. Un lavoro che all'apparenza non ha a che fare con traffici illeciti e crimini, ma altamente qualificato e difficile. Non che nella vita del giovane manchino i crimini ed il conseguente carcere. Nel capitolo “il giorno del mio compleanno” Nicolai percorre un intero quartiere (il quartiere Ferrovia) ripercorrendo una serie di risse ed imboscate con tanto di feriti in modo grave che, ovviamente, gli aprirono le porte del carcere minorile (non che fosse la prima volta che veniva condannato). Ho letto molte lamentele riguardanti l’abitudine dell’autore di saltare avanti ed indietro nel tempo, senza permettere al lettore di seguirlo con semplicità. A mio modesto parere gli interventi molto frequenti di Lilin (che in questo modo produce molteplici racconti mentre sta narrando un evento particolare) sono spesso molto utili e sempre pertinenti, oltre a non coprire mai più di una pagina o due; non c’è dispersione e il lettore si raccapezza molto facilmente. Sicuramente il capitolo citato sopra rappresenta perfettamente un continuo flashback, necessario alla narrazione di alcuni eventi. Al carcere minorile poi, l’autore dedica un intero capitolo, abbastanza breve ma particolarmente truce. Non che ci si possa immaginare la vita in carcere diversa da così, però la violenza descritta in alcuni (la maggior parte) dei comportamenti è davvero realistica. Alcune descrizioni poi, sono un po’ forti rispetto al resto del libro, ma alla fine, trattandosi di vita carceraria, ci stanno. Non c’è sadismo nel racconto di Nicolai, solo i fatti, che già da sé sono raccapriccianti. In effetti tutta la narrazione si limita ai fatti, dai fatti prende spunto per raccontarne altri o giustificarne alcuni. Tutto gira intorno a questo. Non ci sono mai giudizi di Nicolai, solo quelli di Kolima che alle volte traspaiono dai dialoghi. Convinzioni che vengono difese perché espressione dell’educazione siberiana. L’autore spunta qua e là precisando qualcosa, senza vergogna o rammarico per ciò che prima avveniva nella sua vita, semplicemente ricordando all'autore che Nicolai e Kolima non sono più necessariamente la stessa persona. Eppure anche in questi brevi stralci non ha mai parole di biasimo o rimprovero verso quell'educazione ricevuta da bambino; al massimo si limita a dire “è l’educazione siberiana che parla per me”.


Concludendo, cercherò qualche informazione per comprendere quanto ci possa essere di vero in questa pseudo o tale autobiografia. A prescindere da questo però, ho comunque trovato un libro diverso da molti di quelli in commercio attualmente, che tratta di un tema particolare e non semplice. Ho trovato il modo di scrivere molto piacevole e scorrevole e quindi ve lo consiglio. Quanto ai contenuti, veritieri o no, trovo che vi siano notevoli punti di riflessione… perciò Lilin è decisamente promosso!

mercoledì 4 settembre 2013

Hunger Games - La Ragazza di Fuoco

Inizio: 29 agosto 2013
Fine: 29 agosto 2013

Secondo libro della saga. Fila via esattamente come il primo. Stessa fluidità e capacità dell’autrice di tenere il lettore incollato al libro. Siamo nel mezzo e quindi non ha senso fare ulteriori giudizi sulla storia complessiva; rimando il tutto a fine saga.


Gli Hunger Games sono terminati e Katniss è riuscita a sopravvivere. Non solo, è anche riuscita a far sopravvivere Peeta. Nella storia degli HG è la prima volta che dall’arena escono due vincitori. Ma questa vittoria ha il sapore di una menzogna: Katniss ha inscenato una storia d’amore con Peeta, che per lei è stato solo un mezzo per salvarsi, mentre per lui è un sogno che si realizza. Come tutte le bugie, anche questa è destinata a crollare e nel momento in cui Peeta realizza che da parte di Katniss è stato solo uno stratagemma, i due si dividono. Ritornati nel loro distretto conducono vite diverse da quelle che hanno lasciato, divisi, come lo erano prima. Tuttavia entrambi sanno benissimo che davanti alle telecamere dovranno continuare la loro farsa che ha commosso e e convinto tutta le gente dei distretti e di Capitol City. La finta relazione ha messo a dura prova il rapporto tra Katniss e Gale, che impiega tempo a ripartire e quando riparte viene di nuovo messa alla prova. In occasione del loro Tour della Vittoria, Katniss e Peeta, vengono a sapere delle imminenti preparazioni per gli HG della memoria, evento che si svolge ogni 25 anni. In questi giochi le regole possono cambiare ed essere diverse dai giochi che si svolgono ogni anno. Ed infatti così è. I giochi della Memoria prevedono una cosa impensabile: i partecipanti dei giochi saranno ex vincitori dei giochi annuali. Il mondo dei due va così in frantumi; l’unica cosa sulla quale potevano contare, ovvero la loro esclusione a vita dai giochi, è saltata e si ritorce contro i vincitori del Distretto 12: Kat, Peeta e Heymitch. Solo tre persone e sicuramente Katniss è già dentro quell’arena un’altra volta. Viene estratto Heymitch, ma Peeta si offre al suo posto. Tutto si ripete esattamente come l’anno prima. Qualcosa in realtà è cambiato: il gesto disperato di Katniss che finge di ingerire le bacche, da alcuni è stato visto come una sfida al presidente Snow ed ai giochi, come un atto di ribellione al sistema. Così il Distretto 8 è insorto e anche negli altri qualcosa si muove. Anche nel 12 è cambiata la sorveglianza e Gale è stato frustato quasi a morte per aver cacciato della selvaggina illegalmente. Snow sa della messa in scena di Katniss e la minaccia esplicitamente, sa che non ha volontariamente inneggiato alla rivolta, ma sa anche che il suo comportamento può essere la miccia che tutti aspettano da tempo. Ma più i ragazzi cercano di far sembrare il loro amore puro e allo stesso tempo di non dare spunti di tipo insurrezionale, più fanno danni. La rivolta è iniziata e porta come simbolo la ghiandaia di Katniss, quella impressa sulla spilla regalatale da Madge. Il tempo stringe e in un battibaleno, senza tutti i convenevoli dell’anno prima i ragazzi vengono sbattuti nell’arena; un’arena strana e circolare, piena d’acqua salata e circondata da una giungla. Nonostante il patto di non allearsi Katniss deve arrendersi alla gentilezza di Finnick che fin da subito da prova di coraggio e di voler difendere lei e Peeta. Al gruppo si aggiungono poi i due del Distretto 3, Wiress e Beetee e Johanna Mason, Distretto 7. Le alleanze sono qualcosa che non funziona nell’arena, qualcosa che poi ti si ritorce contro quando ti rendi conto che solo uno sopravvivrà; ma Katniss questa volta è decisa a fare di tutto perché i giochi li vinca Peeta e davanti a questo niente le fa timore, nemmeno il ricordo della piccola Rue. Quello che non può sapere è che qualcuno ha in mente qualcosa di molto diverso per lei.

Il coperchio del mare

Inizio: 16 agosto 2013
Fine 28 agosto 2013



Dolce, fresca e delicata. Non trovo aggettivi più calzanti di questi per questo romanzo di Banana. Oramai lei è una certezza, quando il mio umore peggiora, lei è un po’ come un balsamo lenitivo. Non che tutti i suoi romanzi siano uguali, ma è come se ognuno di loro andasse bene per un dolore diverso… trovi sempre quello che ti serve. E dopo ti senti decisamente meglio.

Questa è la storia di Mari, una giovane ragazza che decide di aprire un piccolo chiosco di granite nel suo paese natio. Un’idea nata lontano, su un’isola in vacanza. Un’idea che si è insinuata nella sua coscienza, senza lasciarle scampo. Parlo di coscienza perché Mari ha un grosso senso di colpa: il suo paese sta andando in rovina, tutto è in declino e lei si sente responsabile; vorrebbe fare di più e contribuire alla ripresa di quel piccolo villaggio di pescatori tanto ricco di tradizioni. I negozi che lei ricorda da bambina non esistono più, il tempio è lasciato a se stesso, nessuno lo pulisce e se ne cura. Segni dello scorrere del tempo ricordano a Mari che l’amore per le cose semplici è stato sostituito dal dio denaro e dal consumismo. Eppure i turisti abbondano in estate, quindi, forse, con un po’ di buona volontà, qualcosa si può ancora recuperare. Questa, però, è anche la storia di Hajime, una ragazzina segnata irrimediabilmente dalla vita. Dentro e fuori. Da piccola è stata salvata dalla nonna durante un incendio; il fuoco le ha lasciato segni indelebili su tutto il corpo, ma la nonna le ha salvato la vita. La morte della donna getta Hajime nello sconforto e nella depressione profonda; dopo aver passato tutto la sua giovane vita con lei, non riesce a superare questo trauma. Inoltre i parenti si gettano come sciacalli sugli averi dell’amata donna, senza alcun tipo di rispetto o di amore nei suo confronti. Il dio denaro che Hajime non rispetta e non condivide. Una vacanza a casa di un’amica di sua madre, sembra offrirle quel tanto di distrazione che le permetta almeno di mandare giù qualche boccone e non passare le sue giornate piangendo. Ma Mari e Hajime non si conoscono, non sono amiche e si vedono per la prima volta. Mari non riesce, non può ignorare le devastanti cicatrici che Hajime porta sul suo corpo e sul suo bel viso; non riesce nemmeno a non notare la magrezza esasperata di quel corpicino, che pure, a suo modo, sembra avere una gran forza. Per cui l’imbarazzo la fa da padrona nei loro timidi tentativi di approccio, nonostante tutte le buone intenzioni di Mari. Non si può certo pretendere che diventino migliori amiche da un giorno con l’altro, così diverse. Una, appena laureata, sa cosa vuole, ha aperto il suo chiosco che gestisce con energia, Mari così mascolina e piena di vita, senza grandi pretese; l’altra, Hajime, traumatizzata dalla vita e dalla morte, una viziata ragazza di città che ha scoperto troppo presto quanto può essere dura la vita. Cosa in comune allora? La passione per il mare e le granite o forse la irrefrenabile voglia di trovare per forza qualcosa da condividere. Così Hajime si offre di aiutare Mari con il suo piccolo chiosco, in cambio di qualche granita. L’idea è un successo e le ragazze cominciano lentamente ad aprirsi l’una nei confronti dell’altra; Mari comincia a riesplorare il suo paese per permettere ad Hajime di comprendere attraverso le sue parole, quanto sia cambiato e quanto purtroppo sia andato perso. Queste piccole ed intense escursioni quotidiane, così come le nuotate, permettono alle due amiche di confrontarsi su temi cari a Banana e che permettono sempre al lettore di trovare spunti interessanti.


Un libro dolce e delicato che inserisce il lettore nell’amicizia di Mari e Hajime, rendendolo partecipe delle loro sofferenze e dei loro sforzi per ritrovare la felicità e la serenità. L’amore per le cose semplici e per ciò che abbiamo perso ci insegna che non è mai troppo tardi o troppo presto per sorridere.