Inizio: 16 agosto 2013
Fine 28 agosto 2013
Dolce, fresca e delicata. Non trovo
aggettivi più calzanti di questi per questo romanzo di Banana. Oramai lei è una
certezza, quando il mio umore peggiora, lei è un po’ come un balsamo lenitivo. Non
che tutti i suoi romanzi siano uguali, ma è come se ognuno di loro andasse bene
per un dolore diverso… trovi sempre quello che ti serve. E dopo ti senti decisamente
meglio.
Questa
è la storia di Mari, una giovane ragazza che decide di aprire un piccolo chiosco
di granite nel suo paese natio. Un’idea nata lontano, su un’isola in vacanza. Un’idea
che si è insinuata nella sua coscienza, senza lasciarle scampo. Parlo di coscienza
perché Mari ha un grosso senso di colpa: il suo paese sta andando in rovina,
tutto è in declino e lei si sente responsabile; vorrebbe fare di più e contribuire
alla ripresa di quel piccolo villaggio di pescatori tanto ricco di tradizioni. I
negozi che lei ricorda da bambina non esistono più, il tempio è lasciato a se
stesso, nessuno lo pulisce e se ne cura. Segni dello scorrere del tempo ricordano
a Mari che l’amore per le cose semplici è stato sostituito dal dio denaro e dal
consumismo. Eppure i turisti abbondano in estate, quindi, forse, con un po’ di
buona volontà, qualcosa si può ancora recuperare. Questa, però, è anche la storia
di Hajime, una ragazzina segnata irrimediabilmente dalla vita. Dentro e fuori. Da
piccola è stata salvata dalla nonna durante un incendio; il fuoco le ha lasciato
segni indelebili su tutto il corpo, ma la nonna le ha salvato la vita. La morte
della donna getta Hajime nello sconforto e nella depressione profonda; dopo aver
passato tutto la sua giovane vita con lei, non riesce a superare questo trauma.
Inoltre i parenti si gettano come sciacalli sugli averi dell’amata donna, senza
alcun tipo di rispetto o di amore nei suo confronti. Il dio denaro che Hajime non
rispetta e non condivide. Una vacanza a casa di un’amica di sua madre, sembra
offrirle quel tanto di distrazione che le permetta almeno di mandare giù qualche
boccone e non passare le sue giornate piangendo. Ma Mari e Hajime non si conoscono,
non sono amiche e si vedono per la prima volta. Mari non riesce, non può ignorare
le devastanti cicatrici che Hajime porta sul suo corpo e sul suo bel viso; non riesce
nemmeno a non notare la magrezza esasperata di quel corpicino, che pure, a suo modo,
sembra avere una gran forza. Per cui l’imbarazzo la fa da padrona nei loro timidi
tentativi di approccio, nonostante tutte le buone intenzioni di Mari. Non si può
certo pretendere che diventino migliori amiche da un giorno con l’altro, così
diverse. Una, appena laureata, sa cosa vuole, ha aperto il suo chiosco che gestisce
con energia, Mari così mascolina e piena di vita, senza grandi pretese; l’altra,
Hajime, traumatizzata dalla vita e dalla morte, una viziata ragazza di città
che ha scoperto troppo presto quanto può essere dura la vita. Cosa in comune allora?
La passione per il mare e le granite o forse la irrefrenabile voglia di trovare
per forza qualcosa da condividere. Così Hajime si offre di aiutare Mari con il suo
piccolo chiosco, in cambio di qualche granita. L’idea è un successo e le ragazze
cominciano lentamente ad aprirsi l’una nei confronti dell’altra; Mari comincia
a riesplorare il suo paese per permettere ad Hajime di comprendere attraverso
le sue parole, quanto sia cambiato e quanto purtroppo sia andato perso. Queste piccole
ed intense escursioni quotidiane, così come le nuotate, permettono alle due amiche
di confrontarsi su temi cari a Banana e che permettono sempre al lettore di trovare
spunti interessanti.
Un
libro dolce e delicato che inserisce il lettore nell’amicizia di Mari e Hajime,
rendendolo partecipe delle loro sofferenze e dei loro sforzi per ritrovare la felicità
e la serenità. L’amore per le cose semplici e per ciò che abbiamo perso ci insegna
che non è mai troppo tardi o troppo presto per sorridere.
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