Fine 07 marzo 2013
Fernando
Pessoa intitola questo libro Il libro dell’inquietudine, ma forse sarebbe stato
meglio chiamarlo Il libro del nulla. Il protagonista, Bernardo Soares, lo dice
chiaramente a pagina 48: “In questi miei appunti sconnessi, e che non ambiscono
ad avere un nesso, racconto con indifferenza la mia autobiografia priva di
avvenimenti, la mia storia priva di
vita. Sono le mie confessioni, e se in esse non dico niente è perché non ho
niente da dire”. Ancora più preoccupante è che Bernardo Soares non esiste, è
tutto frutto della mente di Pessoa. Appunti sconnessi in primis. È lui stesso a
presentarlo, come se fosse una persona vera, e definendolo poi così: una semplice mutilazione della mia
personalità: sono io senza il raziocinio e l'affettività. Non è
un romanzo, non è un’autobiografia. È un diario rivolto a se stesso tanto
quanto ad un ipotetico lettore. Fa molto Beckett in questi monologhi che
vogliono essere dialoghi con qualcuno. In attesa che giunga Godot. Disorientata
dalle prime pagine mi sono fermata e ho letto l’introduzione di Tabucchi nella
speranza di trovare la Stella Polare. Ma navigare in questo mare è
difficilissimo… tuttavia devo riconoscere che l’introduzione mette in guardia
molto chiaramente il lettore riguardo ciò che lo attende, ciò che troverà nelle
200 pagine successive. Spiega molto bene la prospettiva dalla quale Bernardo
vede la sua esistenza, rammenta al lettore quante analogie ci siano con altri
scrittori che hanno trattato gli stessi temi dalle stesse prospettive. Ma in
tutte queste spiegazioni, che aiutano il lettore ad accettare quello che
leggerà, non c’è spazio per la vera e propria comprensione del testo. E il
lettore si domanda: perché? Perché ha scritto queste cose? Cosa lo muove a
scrivere così? Tabucchi non ci illumina. Ma forse non è nemmeno compito suo.
L’intermediario ti da gli strumenti, il risultato dipende da te. Così ho
cercato di capire qualcosa di più della vita di questo poeta e scrittore
portoghese che non conoscevo; ho cercato di capire cosa possa muovere una
persona ad annotare pensieri come questi, completamente svicolati da fatti.
Nonostante i miei sforzi l’unica cosa che sono riuscita a estrapolare è il
fatto che forse Fernando avrebbe voluto essere uno nessuno e centomila, come
dimostrano i suoi innumerevoli eteronimi. Forse aveva quest’uomo un animo
talmente sensibile e volatile da sentire la necessità costante di cambiare
nome, attitudine, pensiero, togliere un pregio, aggiungere un difetto, cambiare
gli ingredienti e vedere quale nuova gustosa ricetta di sé era in grado di
ottenere. Ho continuato la lettura, con qualche elemento in più e ho provato a
non vedere dietro quelle righe una persona che in realtà non esiste. A vederlo
come un esperimento. Forse a Fernando farebbe piacere questo mio modo di
vederlo. Così mi sono spogliata di tutto e ho continuato. Non posso definirla
una lettura difficile né nella lingua né nei contenuti, non è ostile, né tanto
meno inquietante come ispira il titolo. No. È una lettura rassegnata e
depressa. Attenzione non deprimente! Solo depressa. Ho ritrovato atteggiamenti
molto simili a quelli che avevo ahimè sperimentato nella depressione, in questa
malattia che rende incapaci di vivere e ti rilega in un limbo che sembra non
finire mai; ed ecco che ti trasformi in spettatore della tua vita, non te ne
accorgi, ma guardi la vita, la tua vita, scorrerti davanti e non sai nemmeno
che è tua. Forse, ti sembra di non averla mai avuta. Sono discorsi difficili da
fare ed impossibili da recensire. A pochi è dato l’onore di capire. E grazie a
Dio! La depressione non è proprio quello che sia augura agli altri!!! Voi, a
questo punto, però, vorrete anche sapere di cosa parlano questi famosi appunti
sconnessi… mettiamola così: parlano dell’anima di Bernardo vista dal di fuori,
come se l’anima di Bernardo, la sua coscienza e Bernardo fossero entità
diverse. Tabucchi dice: come se l’anima guardasse dalla finestra. Vero. Più o
meno così. Sono sensazioni non fatti, impressioni, non eventi. Nulla è concreto
in questo libro. Nemmeno la città, perennemente avvolta dalla nebbia e senza
contorni. Offuscata. Come l’anima di Bernardo. Bernardo che non dorme ma che
parla di sogni e della dimensione onirica costantemente e quel poco di luce che
appare a contrastare la notte è data dal cielo, non dal sole. Bernardo si perde
a guardare le nuvole: sono sempre state lì? E forse diventa la nuvola stessa…
E
poi lo dice: “ho cercato in me varie personalità. Creo costantemente
personalità […]. Per creare mi sono distrutto; mi sono così esteriorizzato
dentro di me che dentro di me non esisto se non esteriorizzato. Sono la scena
viva sulla quale passano svariati attori che recitano svariati drammi”. Bingo.
Ci avevo visto giusto e lungo. Procedendo nella lettura i toni pessimistici
aumentano ed in alcuni passaggi sembra di sentire Seneca (che non era
pessimista, solo realista, ma su certi concetti non era proprio il massimo
della solarità). Ogni tanto evinciamo dal racconto di Bernardo che anche lui
nasconde parvenze umane: fa viaggi, ha amici da visitare, partecipa a cene e
pranzi.. insomma volendo stare a spaccare il capello in quattro, anche lui ha
una vita sociale. Ma questo non basta a farci un’idea della sua vita; l’unica
cosa di cui possiamo farci un’idea è il suo male di vivere, della sua necessità
del sonno visto come la cessazione della fatica e della sofferenza. Bernardo
non vuole vivere, non ne ha voglia o forse ne ha paura, esattamente come non ha
voglia di comprare quelle banane dal grande giallo che vede ordinatamente nella
loro cassetta. In un libro pieno di ossimori Soares è la litote per eccellenza,
ci dice cosa è dicendoci tutto quello che non è. Capiamo cosa fa da tutto
quello che non fa.
Tirando
le somme non è un libro facile e non è scorrevole. Ci si deve un po’ forzare a
leggere appunto per appunto e ci si deve sforzare di estrapolarne un
significato. Tuttavia non posso definirlo né brutto né poco interessante poiché
contiene moltissimi spunti di riflessione. E qui cito me stessa: “più che un
romanzo è un quaderno per gli esercizi. Matita alla mano mi siedo accanto a
Bernardo e vedo se riesco a fare i compiti”.
Nessun commento:
Posta un commento