Fine: 29 aprile 2015
Mi devo abituare a questo suo modo
di scrivere. O meglio, dovrei capire se effettivamente scrive sempre così, come
se parlasse. Perché ad essere onesti fino in fondo, dopo un po’, da noia. Non
che io pretenda strutture iper
complesse alla Eco (che Dio me ne scampi), ma
nemmeno periodi di dieci paroline scarse. Sicuramente fa personaggio: secco,
che sa cosa deve dire e come lo deve dire, “sono Decker, Frank Decker, ritrovo
persone scomparse”, però dai Don… non ti facevo così stringato e succinto.
Perplessità. Ma, forse, avrei dovuto cominciare dall’opera maxima di Winslow,
Il potere del cane, che sonnecchia beatamente sulla mia libreria tra Inshallah
e Moshi Moshi. Libro che ha sempre attirato la mia attenzione e che ho sempre
atteso, rimandato, guardato molto prima di comprare. Così, visto che non ero in
vena di mattoncini, ho preferito iniziare da questo, che è circa la metà.
Giusto per farmi un’idea di come scrive… poi vi dirò se ho fatto bene.
Giorni nostri. Nebraska, Lincoln.
Nel quartiere di South Bottoms, la giovane madre single Charyl Hansen ha dato
l’allarme: sua figlia Hailey, di cinque anni, è scomparsa nel nulla,
volatilizzata, da poco più di venti minuti. L’aveva lasciata fuori a giocare
con il suo cavallo pezzato di plastica, Magic;
il tempo di entrare in casa, uscirne e di Hailey non c’è più traccia. Per
quanto pochi possano sembrare, venti minuti sono già un mucchio di tempo,
quando a sparire è un bambino così piccolo. La prima ora è cruciale. Le successive
due sono decisive. Frank Decker lo sa bene. Esattamente come sa che il primo
posto dove indagare è la casa della vittima e la prima persona della quale
sospettare è la madre. Ma come si fa se la madre è pulita ed il padre è morto
sepolto? Si mette in moto una macchina da milioni di dollari e tutta
l’intelligence possibile per dare il prima possibile un’informazione concreta
su dove possa essere la bambina. Decker sa che la collaborazione è
fondamentale, di tutti, per tutti. Inutile tentare gare idiote tra colleghi,
tra federali e poliziotti, tra risorse diverse, quando lì fuori c’è una bambina
che molti considerano già un cadavere
da cercare. Eppure, dopo tre settimane di incessante lavoro e straordinari
ordinari, della piccola Hailey nessuna traccia. Sparita nel nulla. Esattamente
come sta accadendo a Brittany Morgan, che di anni ne ha otto e non è rientrata
a casa dopo la scuola. Due isolati. Due soli isolati per svanire. Ed è un
deja-vu. Questa volta però un sospettato sembra esserci equando purtroppo viene
rinvenuto il cadavere della piccola Brittany, il sequestro diventa omicidio.
Mentre tutta la città è convinta che Gains sia colpevole anche del sequestro (e
dell’omicidio) di Hailey e mentre lui non fa assolutamente nulla per
scagionarsi, Decker ha qualche dubbio. Nessuno sa cosa avesse in mano Hailey
quel giorno, nessuno ha mai diffuso questo particolare: solo la polizia, la
madre e il rapitore lo sanno.
Una Barbie. Nera – disse Gains.
Risposta sbagliata.
Abbandonato distintivo, lavoro e
moglie, Frank decide di battere in solitaria tutte le teorie alternative a
Gains, tutto il resto, ciò che non è stato considerato nel caso Hansen. Non sa realmente se cercarla
viva o cercare un cadavere, ma deve trovarla, lo ha promesso a Charyl; che sia
un abbraccio ad una bambina finalmente salva, o un volto rigato di lacrime in
un obitorio, la storia d Hailey Hansen avrà una fine. Ma sa, che par fare il lavoro che si è prospettato, dovrà
agire da solo, da civile e non da poliziotto. È per questo che si è dimesso. Comincia
così una corsa a tratti lenta a tratti più rapidi, su e giù per gli Stati
Uniti, dormendo nei motel, poco e male, connettendosi ai siti peggiori,
considerando ogni pista, ogni avvistamento, ogni dannata telefonata. Ed il suo
duro lavoro lo porta nello stato di New York, a parlare con una donna, Evelyn
Jenkins, che sembra avere riconosciuto Hailey. È passato molto tempo, un anno
buono, eppure quell’arzilla signora ricorda la bambina dai grossi occhi verdi
uscire dal bagno di una stazione di servizio non molto distante da Jamestown.
Sembrava sul punto di dire qualcosa, puntava insistentemente quei suoi
meravigliosi occhioni sulla signora. In mano stringeva un cavallo, di plastica,
pezzato…
Ricerche, appostamenti, qualche
minaccia, ricomincia il duro lavoro del poliziotto da strada, a metà tra uno di
cui puoi fidarti e uno dal quale guardarti. La sua caparbietà lo conduce passo
dopo passo sempre più vicino ad Hailey, talmente vicino da farsi sentire. Ma
non abbastanza. Ed eccolo lì, Frank, a frugare negli angoli di Jamestown e poi
di New York, spingendosi negli Hamptons, inseguendo Clay Welles ma soprattutto
Shea… perché forse lei è la chiave di tutto, una sorta di futuro anteriore, una
lente attraverso la quale guardare ad Hailey…
Frank, mi piace, decisamente. Senza
nulla togliere al genio di Jo Nesbo, capace di trame intricatissime ed
avvincenti, non amo molto Harry Hole. Non tanto per la figura di emarginato
(abbastanza costruita) ma perché non amo gli sgarbati, né tanto meno quelli ai
quali non va bene mai nulla, che sanno tutto loro e che comunque fanno sempre
meglio degli altri per principio. La qual cosa ovviamente, nel caso Hole, è
chiaramente così: il detective assolutamente discutibile ed odioso che però
risolve qualsiasi caso, a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo, fan***o il
mondo, tanto Hole è il migliore. Ecco, Decker non è così ( e meno male!): è
gentile, educato e collabora con tutti, fa il suo lavoro e lasciare fare agli
altri il loro, spicca in una squadra che comunque lavora assieme. Alla fine
hanno tutti lo stesso obbiettivo. Non c’è rivalità intrinseca. Passa un’idea
diversa, che rispetto a quella emanata dal personaggio di Hole, decisamente mi
piace di più. Frank ha trentaquattro anni e glieli dai, Hole ne ha circa
trentacinque e pensi, leggendo, che ne abbia almeno cinquanta. E poi c’è Laura,
la moglie in carriera e scontenta di questo marito che, per lei, non ha
ambizioni e sembra avere paura di migliorare
il suo status. La dinamica del matrimonio non è mai semplice, ma ovviamente
al suo interno si intrecciano dinamiche diverse: uomo-donna, lavoro-reddito, il
genere di professione svolta, l’ambizione sociale, la dinamica dei ruoli, etc.
Trovo interessante l’inserimento di questa donna, che sembra esserci anche
quando non c’è e da al protagonista una dimensione realmente umana.
Insomma, per concludere: non sapevo
bene bene cosa aspettarmi e sono stata davvero colpita. Don Winslow mi ha
sorpreso. Sono sicura che ora leggerò, con più tranquillità, Il potere del
cane!
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