giovedì 30 aprile 2015

Missing. New York

Inizio: 27 aprile 2015
Fine: 29 aprile 2015

Mi devo abituare a questo suo modo di scrivere. O meglio, dovrei capire se effettivamente scrive sempre così, come se parlasse. Perché ad essere onesti fino in fondo, dopo un po’, da noia. Non che io pretenda strutture iper
complesse alla Eco (che Dio me ne scampi), ma nemmeno periodi di dieci paroline scarse. Sicuramente fa personaggio: secco, che sa cosa deve dire e come lo deve dire, “sono Decker, Frank Decker, ritrovo persone scomparse”, però dai Don… non ti facevo così stringato e succinto. Perplessità. Ma, forse, avrei dovuto cominciare dall’opera maxima di Winslow, Il potere del cane, che sonnecchia beatamente sulla mia libreria tra Inshallah e Moshi Moshi. Libro che ha sempre attirato la mia attenzione e che ho sempre atteso, rimandato, guardato molto prima di comprare. Così, visto che non ero in vena di mattoncini, ho preferito iniziare da questo, che è circa la metà. Giusto per farmi un’idea di come scrive… poi vi dirò se ho fatto bene.
Giorni nostri. Nebraska, Lincoln. Nel quartiere di South Bottoms, la giovane madre single Charyl Hansen ha dato l’allarme: sua figlia Hailey, di cinque anni, è scomparsa nel nulla, volatilizzata, da poco più di venti minuti. L’aveva lasciata fuori a giocare con il suo cavallo pezzato di plastica, Magic; il tempo di entrare in casa, uscirne e di Hailey non c’è più traccia. Per quanto pochi possano sembrare, venti minuti sono già un mucchio di tempo, quando a sparire è un bambino così piccolo. La prima ora è cruciale. Le successive due sono decisive. Frank Decker lo sa bene. Esattamente come sa che il primo posto dove indagare è la casa della vittima e la prima persona della quale sospettare è la madre. Ma come si fa se la madre è pulita ed il padre è morto sepolto? Si mette in moto una macchina da milioni di dollari e tutta l’intelligence possibile per dare il prima possibile un’informazione concreta su dove possa essere la bambina. Decker sa che la collaborazione è fondamentale, di tutti, per tutti. Inutile tentare gare idiote tra colleghi, tra federali e poliziotti, tra risorse diverse, quando lì fuori c’è una bambina che molti considerano già un cadavere da cercare. Eppure, dopo tre settimane di incessante lavoro e straordinari ordinari, della piccola Hailey nessuna traccia. Sparita nel nulla. Esattamente come sta accadendo a Brittany Morgan, che di anni ne ha otto e non è rientrata a casa dopo la scuola. Due isolati. Due soli isolati per svanire. Ed è un deja-vu. Questa volta però un sospettato sembra esserci equando purtroppo viene rinvenuto il cadavere della piccola Brittany, il sequestro diventa omicidio. Mentre tutta la città è convinta che Gains sia colpevole anche del sequestro (e dell’omicidio) di Hailey e mentre lui non fa assolutamente nulla per scagionarsi, Decker ha qualche dubbio. Nessuno sa cosa avesse in mano Hailey quel giorno, nessuno ha mai diffuso questo particolare: solo la polizia, la madre e il rapitore lo sanno.
Una Barbie. Nera – disse Gains. Risposta sbagliata.
 
Abbandonato distintivo, lavoro e moglie, Frank decide di battere in solitaria tutte le teorie alternative a Gains, tutto il resto, ciò che non è stato considerato  nel caso Hansen. Non sa realmente se cercarla viva o cercare un cadavere, ma deve trovarla, lo ha promesso a Charyl; che sia un abbraccio ad una bambina finalmente salva, o un volto rigato di lacrime in un obitorio, la storia d Hailey Hansen avrà una fine. Ma sa, che par fare il lavoro che si è prospettato, dovrà agire da solo, da civile e non da poliziotto. È per questo che si è dimesso. Comincia così una corsa a tratti lenta a tratti più rapidi, su e giù per gli Stati Uniti, dormendo nei motel, poco e male, connettendosi ai siti peggiori, considerando ogni pista, ogni avvistamento, ogni dannata telefonata. Ed il suo duro lavoro lo porta nello stato di New York, a parlare con una donna, Evelyn Jenkins, che sembra avere riconosciuto Hailey. È passato molto tempo, un anno buono, eppure quell’arzilla signora ricorda la bambina dai grossi occhi verdi uscire dal bagno di una stazione di servizio non molto distante da Jamestown. Sembrava sul punto di dire qualcosa, puntava insistentemente quei suoi meravigliosi occhioni sulla signora. In mano stringeva un cavallo, di plastica, pezzato…
Ricerche, appostamenti, qualche minaccia, ricomincia il duro lavoro del poliziotto da strada, a metà tra uno di cui puoi fidarti e uno dal quale guardarti. La sua caparbietà lo conduce passo dopo passo sempre più vicino ad Hailey, talmente vicino da farsi sentire. Ma non abbastanza. Ed eccolo lì, Frank, a frugare negli angoli di Jamestown e poi di New York, spingendosi negli Hamptons, inseguendo Clay Welles ma soprattutto Shea… perché forse lei è la chiave di tutto, una sorta di futuro anteriore, una lente attraverso la quale guardare ad Hailey…
 
Frank, mi piace, decisamente. Senza nulla togliere al genio di Jo Nesbo, capace di trame intricatissime ed avvincenti, non amo molto Harry Hole. Non tanto per la figura di emarginato (abbastanza costruita) ma perché non amo gli sgarbati, né tanto meno quelli ai quali non va bene mai nulla, che sanno tutto loro e che comunque fanno sempre meglio degli altri per principio. La qual cosa ovviamente, nel caso Hole, è chiaramente così: il detective assolutamente discutibile ed odioso che però risolve qualsiasi caso, a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo, fan***o il mondo, tanto Hole è il migliore. Ecco, Decker non è così ( e meno male!): è gentile, educato e collabora con tutti, fa il suo lavoro e lasciare fare agli altri il loro, spicca in una squadra che comunque lavora assieme. Alla fine hanno tutti lo stesso obbiettivo. Non c’è rivalità intrinseca. Passa un’idea diversa, che rispetto a quella emanata dal personaggio di Hole, decisamente mi piace di più. Frank ha trentaquattro anni e glieli dai, Hole ne ha circa trentacinque e pensi, leggendo, che ne abbia almeno cinquanta. E poi c’è Laura, la moglie in carriera e scontenta di questo marito che, per lei, non ha ambizioni e sembra avere paura di migliorare il suo status. La dinamica del matrimonio non è mai semplice, ma ovviamente al suo interno si intrecciano dinamiche diverse: uomo-donna, lavoro-reddito, il genere di professione svolta, l’ambizione sociale, la dinamica dei ruoli, etc. Trovo interessante l’inserimento di questa donna, che sembra esserci anche quando non c’è e da al protagonista una dimensione realmente umana.
Insomma, per concludere: non sapevo bene bene cosa aspettarmi e sono stata davvero colpita. Don Winslow mi ha sorpreso. Sono sicura che ora leggerò, con più tranquillità, Il potere del cane!

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