venerdì 23 settembre 2011

Il Gattopardo

Rilettura
Inizio: 12 aprile 2011
Fine: 3 giugno 2011

La prima volta che ho letto questo libro ero in quarta ginnasio, correva l’anno 1996, ed avevo ancora 14 anni. Non che ci capissi molto in questo italiano un po’ vetusto, ma il libro era scorso più o meno piacevolmente. A distanza di 15 anni, riprendo questo classico della letteratura, che ho sempre difeso a spada tratta contro chi lo definiva noioso e mi cimento nuovamente. Non mi è stato facile leggere le prime 100 pagine, mi sono risultate un po’ pesanti.. ma forse il motivo sta nel loro contenuto. Non ricordavo che fosse così pieno di cenni storici, di rimandi, di descrizioni inappuntabili di nobiltà e nuova borghesia, non ricordavo tutto questo pensare da parte del protagonista, Fabrizio Salina il Gattopardo, uomo nobile, attempato ma ancora piacente, vigoroso e… quasi povero. Si perché oramai la sua casata sta perdendo le proprie ricchezze, a favore (in senso generale) della borghesia, rozza, senza buone maniere, poco intellettuale (o per nulla intellettuale), ma molto scaltra, arrivista, ambiziosa e soprattutto fresca. Soprattutto per questi motivi Fabrizio sacrifica l’amore della figlia Concetta per il cugino Tancredi in nome di un matrimonio dettato dall’interesse economico, quello con Angelica Sedara, figlia di Calogero, esponente appunto della borghesia. Sicuramente Tancredi con la sua giubba rossa da garibaldino sfugge a quello stereotipo del nobile pensato da Fabrizio, il nipote gli è distante nei modi e nel pensiero, ma è pur sempre l’erede dell’amata sorella Giulia e della casata Falconeri. Bello, intellettuale, moderno e… quasi povero. Il Gattopardo sottoscrive così un matrimonio redditizio con la bella, bellissima erede della famiglia Sedara, per nulla nobile ma ricca sfondata. Il libro copre la distanza di pochi mesi di uno stesso anno per poi saltare avanti di qualche anno e poi di un ventennio. Stupenda le descrizioni sia dei costumi dell’epoca quanto quelle dell’animo di Fabrizio in continuo mutamento, eppure sempre eguale a se stesso, sempre fedele alla sua indole siciliana. Si perché questo romanzo è proprio tanto siciliano, tanto ricco di sud, di sole, di sete, di sabbia.
Consiglio vivamente la lettura di questo classico della letteratura italiana, non si può perdere un pezzo di storia così intenso, come quello dell’unità d’Italia, sullo sfondo della quale la nobiltà arranca con le ultime zampate

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